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domenica 13 febbraio 2011

Voices of Decay - Overcome


C’è sempre più fermento nella scena italiana, ed ecco arrivare da Bolzano una interessantissima realtà, i Voices of Decay, creati dall’ex Graveworm Lukas Flarer e in giro addirittura dal 1997 (ma io dormivo che non li conoscevo?) e con già un full lenght alle spalle. Cercando in internet, la domanda che è sorta spontanea è stata “Possibile che non ci sono notizie in italiano su questa band? Solo news o interviste in tedesco, segno che ancora una volta in Italia, non diamo giusta rilevanza a chi merita davvero e il più delle volte, gli artisti cercano fortuna all’estero”. Dopo questa polemica travestita da riflessione, mi appresto ad ascoltare questo roboante album di death melodico: 11 pesanti tracce per più di 50 minuti di musica che sinceramente vi sapranno conquistare fin dal primo ascolto. Si parte con l’aggressività controllata di “Dear Mortal Man” che evidenzia già da subito la compattezza dei suoni del quartetto altoatesino, che decisamente denota di essere molto navigato a livello di esperienza. La qualità della band emerge a mio avviso con le successive “Superficial” e “Rising Tide”, 2 song diverse da un punto di vista di velocità d’esecuzione, la prima più sostenuta e più feroce mentre la seconda più tranquilla e ammiccante verso sonorità modern metal, ma comunque entrambe caratterizzate da un sound estremamente cadenzato, con i nostri che palesano scelte azzeccate a livello compositivo, buon gusto per le melodie, mai troppo ruffiane, dandovi infine per scontata l’eccellente caratura tecnica del combo bolzanino. La voce di Menz si dipana tra gorgoglii death metal molto piacevoli e clean vocals che strizzano un po’ l’occhiolino allo swedish death di Soilwork e Scar Symmetry. La ritmica pesta che è un piacere, basti ascoltare “Who” per capirsi, con la prova devastante e precisa di Christoph dietro le pelli, e soprattutto per quei suoni un po’ disturbanti e disorientanti che caratterizzano un po’ tutto il cd, altro punto di forza di questo “Overcome”, che unisce la potenza del death metal teutonico alla melodia tipica del metal scandinavo, il tutto condito con discreti quantitativi di groove tipico americano in grado di regalare quell’ultimo ingrediente necessario a rendere questa release davvero interessante. Altri brani da segnalarvi sono “Energy”, che incentrata sempre su un sound mid-tempo (trade mark dell’intero cd), presenta in secondo piano, suoni futuristici (chi ha parlato di Fear Factory?) di chitarra misti a tastiera davvero intriganti, cosi come pure la successiva “The Picture”, in grado di stordirci con minimalisti interventi delle tastiere, sempre comunque relegate in secondo piano, ma dall’effetto veramente pungente e trascinante. Sono convinto infatti che se mancassero questi leggeri artefatti tecnologici, l’album scivolerebbe via nell’anonimato generale, invece grazie all’utilizzo intelligente delle keys inserite in un contesto di violenza controllata, l’album godrà di una più che buona longevità. Bella scoperta ho fatto in questo periodo, ce ne fossero di band come queste in giro, la mia professione di recensore sarebbe molto più facile e piacevole! (Francesco Scarci)

(TB Records)
Voto: 75