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Visualizzazione post con etichetta Throatruiner Records. Mostra tutti i post
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giovedì 22 giugno 2017

Comity - A Long, Eternal Fall

#PER CHI AMA: Crust Black/Post Hardcore
Caos e disagio. Sono queste le sensazioni ad emergere dopo l'ascolto di 'A Long, Eternal Fall' (A.L.E.F.), ultima fatica dei francesi Comity. La band parigina, attiva dal 1996, propone in sintesi un estreme rock sperimentale. Il lavoro in questione affonda le proprie radici nel metal estremo incorporando tuttavia numerose altre influenze, echi prog, rallentamenti doom e contaminazioni post rock (solo per citare le principali). A livello sonoro ci si trova davanti ad un buon prodotto, il sound ruvido e crudo dona al lavoro in questione una piacevole dimensione live, purtroppo va anche riscontrato che la voce di Thomas risulta eccessivamente penalizzata dalla differenza di volume, resta infatti troppo "sotto" al resto degli strumenti. Dal punto di vista tecnico-compositivo si nota subito una buona padronanza degli strumenti ed un invidiabile cultura musicale, ottime credenziali per esprimere appieno le proprie potenzialità. Le 8 tracce di 'A.L.E.F.' dipingono un'atmosfera malata, con l'intero album che risulta permeato da una costante sensazione di disagio e angoscia (sembra veramente di cadere da un'altezza vertiginosa senza arrivare mai al momento dell'impatto). Complice un ottimo uso delle dissonanze e un gran lavoro delle chitarre di François e Yann che dimostrano di essere a proprio agio e di saper esprimere una grande quantità di idee attingendo agli stili più disparati. Il drumming di Nico fa da degno contraltare, spaziando da tempi serrati tipici del metal estremo a soluzioni talmente inusuali da riuscire a stupire, il tutto condito da cambi di misura schizofrenici. Tuttavia 'A.L.E.F.' è un lavoro difficilmente assimilabile, se da una parte riesce a passare una certa emozionalità, dall'altra va riscontrata una certa amusicalità. Gli otto pezzi in questione mancando infatti di struttura logica, rendendone talvolta assai difficile l'ascolto. In sintesi, un lavoro che offre moltissimi spunti interessanti ma che obbliga a pensare. Consigliato a chi è curioso, ha una buona apertura mentale ed una buona dose di pazienza. (Zekimmortal)

domenica 7 aprile 2013

Cortez - Phoebus

#PER CHI AMA: Post-hardcore, Math, Dillinger Escape Plan, Converge
Anche se non ho fatto il liceo classico, da bambino ho trascorso tante ore sulle pagine de “La vita è meravigliosa” l’enciclopedia di mia mamma, che narrava con splendide illustrazioni le vicende della mitologia greca (infanzia triste, ne convengo), per cui una cosa la so: Phoebus è l’altro nome del dio Apollo, la personificazione del sole. Quale contrasto più grande tra il titolo dell’opera e la sua copertina, peraltro specchio fedele dell’atmosfera plumbea dipinta (con un solo colore, rigorosamente il nero) dal suono pesantissimo di questo trio svizzero, che affonda le sue radici nel feroce post-hardcore di tipi poco raccomandabili quali Dillinger Escape Plan e Converge, di cui i Cortez paiono quasi una versione europea. Alla fine dei 7 minuti e mezzo di “Temps Mort”, il pezzo di apertura, pensavo di avere trovato uno dei dischi dell’anno: un incedere minaccioso e inesorabile, un crescendo di chitarre e ritmiche serrate ma dall’approccio molto free, che poi ti arrivano addosso travolgendoti come una valanga di neve e ghiaccio. Quasi una versione 2013 di quel capolavoro immortale di “New Day Rising” degli Husker Dü. Purtroppo però, in un certo senso, le sorprese finiscono qui, e il resto del programma non riesce a mantenere del tutto quanto promesso. Chiarisco subito, a scanso di equivoci, che i tre ci sanno fare, e anche parecchio, e che ogni traccia produce più o meno l’effetto che otterreste a posizionarvi davanti al motore di un Boeing 747, ma il punto è proprio questo: la prima volta ti rialzi cercando di capire cosa ti ha colpito, la seconda pure, la terza ti pianti bene sulle gambe e pensi “Cazzo, che botta”, la quarta inizi a sapere cosa aspettarti e poi sei lì che ti sorprendi a pensare “ok, bello, ma poi?”. Il punto non è certo la qualità dei brani, che presi singolarmente sono quasi tutti molto validi (alcuni più di altri, oltre alla già citata “Temps Mort”, la tortuosa “Arrogants Que Nous Sommes” e la ferocissima “Un Lendemain Sans Chaines…”), ma proprio una certa ripetitività che si fa strada con l’andare dei minuti, la chitarra macina riff che non brillano per originalità, la ritmica rimane sempre sparatissima senza accennare a tirare mai il fiato e la manopola dei volumi costantemente sull’undici. L’altra (parziale) variazione sul tema è quella della conclusiva “Borellia”, con i suoi muri rumoristi e le reiterazioni ossessive che sfociano in un maelstrom noise davvero apocalittico. E proprio le qualità intraviste nei due brani di apertura e chiusura sono il motivo per cui ci si ritrova alla fine con un senso amaro in bocca, di occasione non del tutto sfruttata. Sarebbe bastato forse qualche intermezzo, qualche alternanza tra piano e forte, qualche oasi di relativa calma a far sì che quella scatenata dai ginevrini fosse davvero la tempesta perfetta. (Mauro Catena)

(Throatruiner Records)
Voto: 70

http://cortez.bandcamp.com

giovedì 18 ottobre 2012

Cowards - Shooting Blanks and Pills

#PER CHI AMA: Crust, Hardcore, Black
Prosegue il mio giro per il globo alla ricerca di nuovi talenti da scoprire, gustare e diffondere per mezzo della voce del Pozzo dei Dannati ed infine, eventualmente lanciare attraverso label di amici o conoscenti. La mia fermata oggi è la Francia, paese parecchio gettonato nell’ultimo periodo e non solo per uscite shoegaze, ma anche per la sempre maggior voglia di sperimentare e combinare sonorità differenti, spesso antitetiche, ma questa è la strada giusta, a mio avviso, per evitare di imputridirsi in una stagnante melma, da cui oggi, sarebbe dura venirne fuori. I Cowards ci provano, mettendoci la loro faccia, combinando le sonorità sporche e rozze per eccellenza (anche in chiave produttiva), quali crust e hardcore, il tutto spolverato da un tocco di nefandezza black inserito in un melmoso contesto sludge. Cosa ne è venuto fuori? Sei tracce corrosive e marcescenti, un invito a nozze per gli amanti delle sonorità succitate, per chi non ama trovar traccia di melodia nei brani, ma solo per chi desidera vedere polverizzati i propri timpani dalla furia distruttiva di musica spavalda, irriverente ed incazzata col mondo. In realtà in “Shooting Blanks & Pills” riesce a trovar posto anche qualcosa di più abbordabile, se non altro “Scarce” propone qualcosa di vicino agli Entombed di “Wolverine Blues” e questo non può che farmi piacere, in quanto contribuisce a rendere più appetibile una proposta che altrimenti rischierebbe di essere di fruizioni di pochi. L’album non è di certo di facile ascolto ed assimilazione, nonostante i pezzi siano diretti come un bel cazzotto assestato dal bravo olimpionico Cammarelle. “Shooting Blanks & Pills” necessita sicuramente di diversi ascolti prima di poter essere metabolizzato del tutto. Chiaro che c’è ancora da lavorare, ma ampi sono i margini di miglioramento; per ora va bene cosi. (Francesco Scarci)

(Throatruiner Records/Hellbound Records) 
Voto: 65