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mercoledì 21 dicembre 2016

Celtefog - Sounds of the Olden Days

#PER CHI AMA: Epic Black, Windir, Rotting Christ
Le one man band, ne sentivo quasi la mancanza. Oggi ci trasferiamo in Grecia, ad Alexandria per l'esattezza, per ascoltare quello che è il secondo album dei Celtefog, creatura guidata dal misterioso Archon. 'Sounds Of The Olden Days' è un disco di black metal che scomoda un facile paragone col passato, immediatamente dopo lo schiudersi delle melodie di chitarra dell'opener "My Last Sight to the Known Universe". Il nome? Facile, i compianti Windir. Si, quell'epicità intrisa nelle linee della sei corde del mastermind ellenico, evocano inevitabilmente la proposta della band norvegese, a cui aggiungerei, probabilmente per il forte gusto folklorico (e l'utilizzo di strumenti etnici), anche i Negura Bunget. Insomma, la proposta del musicista greco non sembra affatto male, se considerate che nelle parti più aggressive, vedo emergere la maestosità dell'Hellenic sound con in testa i Rotting Christ. Ribadisco, da tenere d'occhio. La seconda, "Tombs of Memories", è un feroce assalto black che trova nelle tastiere un valido alleato per stemperarne la brutalità e avvolgere la musica con una sottile coltre di nebbia in grado di regalare comunque ispirate atmosfere. Il canto di alcuni uccellini accompagnato dal suono mediterraneo di strumenti tipici, apre "Call of the Ancestors" e l'impressione è quella di essere proiettati in un passato assai lontano, prima che irrompa il rigore ritmico del black, qualche voce in background pulita e qualche arzigogolato giro di chitarra, e ancora nella seconda parte, straripanti melodie e momenti acustici che chiamano inevitabilmente in causa anche i Bathory più epici. Un'intro ambientale apre il brano seguente, "Three Nights in the Mediterranean Sea", che sebbene offra un titolo dal forte sapore mediterraneo, rappresenta il punto di contatto più vicino con i Windir. Nonostante le chitarre siano cosi secche, lo screaming assai arcigno o la drum machine tenda a "robotizzare" il sound, la traccia si conferma forse come la più calda del lotto, anche di più della successiva e splendida strumentale "Into the Mist", ove fanno la loro comparsa anche soavi flauti dolci. A chiudere questa piacevole sorpresa, gli oltre 10 minuti di "Nykta" l'ultimo solenne brano di black metal pagano che tributa alle divinità dell'Olimpo ma anche a quelle del Valhalla, con un suono decisamente spettrale che rappresenta la summa di quanto ascoltato fin qui in questo 'Sounds of the Olden Days', album che merita definitivamente tutta la vostra attenzione e fiducia. (Francesco Scarci)