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sabato 24 gennaio 2015

Revival Hymns - Pauhu

#PER CHI AMA: Post Rock/Shoegaze/Slowcore
Il 2014 si è appena chiuso e io recupero in extremis quest'album dei finlandesi Revival Hymns, giusto in tempo per poterlo includere nelle classifiche dei migliori dischi dell’anno. Già, perchè 'Pauhu' rischia seriamente di finire nella mia personale top ten. Opera seconda del giovane quintetto, dopo 'Feathers' del 2011, 'Pauhu' è un gioiello di equilibrio e sobrietà che si muove in territori prevalentemente post-rock, shoegaze e slowcore. Lande già battute ed esplorate in lungo e in largo in passato, ma nelle quali i Revival Hymns riescono ad avventurarsi con l’entusiasmo e la freschezza dei neofiti. La musica di 'Pauhu' è in fondo semplice, costruita con pochi elementi e schemi ricorrenti, ma quello che fa la differenza sono la passione, la cura del dettaglio ed un songwriting di tutto rispetto. Troppo spesso, infatti, in questo ambito la forma canzone viene mortificata a discapito del lato prettamente strumentale, della ricerca dell’effetto sorpresa nell’alternanza piano/forte o dei lunghi crescendo emozionali. Qui invece, il tutto è dosato alla perfezione senza che un aspetto prenda il sopravvento sull’altro: ritmiche essenziali, chitarre che sanno ricamare tanto quanto improvvisamente erigere imponenti muri di decibel, e melodie azzeccate e sinuose interpretate da voci sottili e solo apparentemente fragili. Se dovessi definire la loro musica in due parole, direi che si tratta di una sorta di ibrido tra Gospeed You! Black Emperor e i Coldplay di 'Parachutes' (!), tanto riescono ad accostare i paesaggi sonori dei canadesi all’intimismo del primo album della band di Chris Martin, cui la voce del cantante tende ad assomigliare. E’ un disco che cresce con gli ascolti, insinuandosi piano tra le pieghe del quotidiano, per poi trovarsi a non potere fare a meno di brani quali la struggente "Diamondback Whales", con quell’accelerazione a metà brano che la rende indimenticabile, oppure la solida e incalzante "Rive Droite", che procede marziale e rumorosa. Ma è difficile trovare punti deboli nel corso di questi 50 minuti, aperti e chiusi da due strumentali: l’atmosferica "Consider the Lines" e la lunga "They Neither Toil Nor Spin", piú classicamente post rock. I Revival Hyms con questo disco avrebbero le potenzialità per affermarsi a livello internazionale, e pare incredibile che se ne sia parlato cosí poco. Non è mai troppo tardi, e allora non mi resta che invitarci caldamente all’ascolto. (Mauro Catena)
 
(Riku Records - 2014)
Voto: 80