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lunedì 18 novembre 2013

Skeletonwitch - Serpents Unleashed

#FOR FANS OF: Old-School Thrash Metal, Witchery
More than just a rudimentary retro-thrash band, Ohio’s blackened thrashers Skeletonwitch have been providing this explosive mixture of these two styles from the get-go, and their stellar fifth offering, 'Serpents Unleashed', shows the band is as fired up and on top of things as ever. Rife with explosive thrash riffs against pummeling drumming and coarse, raspy black metal shrieks,, the mixture works exceptionally well with this rapid-fire assault and speed-drenched barnburners, clocking in a lot more in a half-hour than most bands would fit over the course of several albums. Immediately the guitar tandem of Scott Hedrick and Nate Garnette begin pouring on the steam with a vicious volley of traditional thrash riffs with the occasional touch of technicality or melody, depending on the nature of the song in question’s needs at that point but more often than not just slash their way throughout the album and managing to crank out fully-fledged tracks like the opening title track, "I Am of Death (Hell Has Arrived)", "Burned from Bone" and "Unending, Everliving" that just seem like relentless battering rams against the senses. When they know when to drop in a healthy dose of black metal melody like "Unwept" or spread out the pattern with some mid-range riffs and an extended intro like "More Cruel than Weak", it’s obvious there’s not a lot of messing around with the guitars here and it shows this quickly. Even vocalist Chance Garnette gets plenty of time to shine here, providing a series of legible, hoarse rasps that sound more at home on a typical black metal release and provides a key cog for the band to remain an individual in this sea of thrash bands. While it does get repetitive since it seems the band really only knows one direction which makes the songs sound somewhat similar in the second half, there’s plenty to enjoy and love with this release and fans should be incredibly thrilled with it. (Don Anelli)

(Prosthetic Records - 2013)
Score: 85

http://www.skeletonwitch.com/

giovedì 5 settembre 2013

Wildernessking - The Writing of Gods in the Sand

#PER CHI AMA: Post-Black, Wolves of the Throne Room
Il post-black è definitivamente il fenomeno dell'anno. Se anche dal Sud Africa mi arriva del materiale (peraltro interessante) dedito a queste sonorità, devo per forza decretare la globalizzazione di un genere che è sorto da quei suoni provenienti dal West US, in quella zona detta Cascadia, grazie ai Wolves of the Throne Room. Il resto è storia recente, con eccellenti realtà spuntate come funghi in tutto il mondo (una su tutte, i Deafheaven). E ora eccomi recensire il debut cd dei Wildernessking, band di Città del Capo che, grazie all'Antithetic Records, ha avuto modo di pubblicare questa loro release. Giunto tra le mie mani, il digipack autografato dei nostri, si presenta assai minimalista in termine di colori (bianco e nero), mentre in fatto di suoni, vengo immediatamente investito dal sound acido e corposo di "Rubicon (The Fletting Vessel)", song che mette in mostra subito una buona produzione con i suoni degli strumenti ben bilanciata, in cui emergono delle chitarre piuttosto lineari su cui si stagliano corrosive vocals ad opera del bassista Keenan Oakes. La proposta è appunto un black venato di influenze post-metal e suoni progressivi, con citazioni che spaziano dal desolante sound dei Cult of Luna, al black "made in USA" dei già citati WotTR, per un risultato che ha comunque del sorprendente. "Discovery (Chasing the Gods)" è un bel pezzo che vive dell'alternanza tra suoni mid-tempo e sfuriate black, che mette in mostra nel suo interno un intermezzo acustico che può rievocare gli ultimi Enslaved, mentre la successiva “River (Nectar of Earth)” ha un che di apocalittico nel suo primordiale incedere. “Utopia (Throne of Earth) apre con un bel basso in primo piano, la song non è troppo corrosiva e un po' si discosta da quelle ascoltate fino ad ora, se non per l'abrasivo cantato di Keenan e poi c'è quell'apertura ambient nel suo ventre che ci dona un senso di pace, prima dell'assolo finale. “Surrender (The Ages)” è un altro pezzo più meditativo e intimista, che lascia si spazio alla violenza, ma è anche pervaso da un forte senso di malinconia. Siamo agli sgoccioli e ci rimangono a chiudere la potente traccia strumentale “Reveal (Nightfall)” e la lunga “Infinity (And the Dream Continues...)”, song notturna nella sua prima metà e più irsuta nella seconda parte. Che dire, se non auspicare che i Wildernessking ce la possano fare a mettersi in mostra in questo mondo cosi globalizzato, in cui però le barriere molto spesso sono assai difficili da valicare. In bocca al lupo ragazzi! (Francesco Scarci)

giovedì 10 maggio 2012

Hour of Penance - Sedition

#PER CHI AMA: Techno Brutal Death, Morbid Angel, Nile, Behemoth
Rullo compressore: si tratta di una macchina che ha la funzione fibrante che permette di compattare al meglio l’asfalto o il terreno attraverso dei rulli che possono essere di ferro-gomma o ferro-ferro. Dopo questo breve cappello introduttivo, oserei dire che la musica dei nostrani Hour of Penance, potrebbe essere assimilabile a quello di un rullo ferro-ferro. Non tragga infatti in inganno la intro con canto gregoriano incorporato, perché quando deflagra nel mio stereo “Enlightened Submission”, sono assolutamente innondato dalla devastazione sonora della band capitolina, da poco sotto contratto con la statunitense Prosthetic Records (e cosi dopo la fuga dei geni nella scienza, stiamo ormai assistendo alla fuga anche delle nostre migliori band, complimenti alle etichette italiane!): ritmiche assassine, qualche breve assolo, ma soprattutto una prova tecnicamente ineccepibile del quartetto guidato dalle brutali vocals di Paolo Pieri. La terza “Decimating the Progeny of the Only God” si conferma immediatamente il mio pezzo preferito, incarnando al meglio il repertorio dei nostri, sia in termini di velocità che di malsane atmosfere, una song che per certi versi mi ha richiamato nei suoi secondi iniziali i Morbid Angel, per poi irrompere furente come un mix tra Behemoth e Nile, con una ritmica spaventosa e delle meravigliose e stranamente melodiche aperture di chitarra. Diabolica. Neppure il tempo di rifiatare ed ecco ancora la brutalità essere perpetrata questa volta con un pezzo iper tecnico, fatto di repentini cambi di tempo e stop’n go, che ci introducono alla evocativa e tranquilla (rispetto alla velocità della luce) “Ascension”, che si fa notare oltre che per il suo incedere ritmato, anche per i suoi chorus. Mai lasciare comunque il fianco scoperto però, perché quando si mostra il punto debole, il nostro nemico se ne approfitta e colpisce a fondo e a morte: ecco perché l’epica “The Cannibal Gods” e le restanti tracks (soprattutto l’irraggiungibile “Deprave to Redeem”) inferiscono gli ultimi colpi mortali, vibrando la spada nell’aria e piantandocela giusto nel mezzo del petto. Non ho molte altre parole da accostare a questa cavalcata intitolata “Sedition” se non che gli Hour of Penance hanno partorito uno dei più bei lavori di techno brutal death degli ultimi dieci anni! Ottimi. (Francesco Scarci)

(Prosthetic Records)
Voto: 85