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giovedì 27 aprile 2017

Obitus - Slaves of the Vast Machines

#PER CHI AMA: Black Metal, Deathspell Omega, Anaal Nathrakh
Hypnotic Dirge Records atto terzo: in poco meno di un mese ho recensito il ritorno dei Netra, il debutto dei None e ora mi ritrovo fra le mani il comeback discografico degli svedesi Obitus, che arriva a distanza di ben otto anni dal precedente 'March of the Drones' e addirittura a 17 dalla fondazione della band. Se la sono presa con calma i due loschi figuri di Gotheburg: 'Slaves of the Vast Machines' esce per l'etichetta canadese, qui supportata dall'americana Black Plague Records, in un clima di guerra, proponendo un irruente e schizofrenico black metal che ben si riflette nell'unica lunghissima traccia contenuta nel disco. La furia belluina è tradotta in ritmiche assassine, caratterizzate da una violenza cataclismatica anzi, visti i tempi, direi apocalittica. C'è ben poco da scherzare con questi musicisti svedesi che dalla tradizione musicale del loro paese non pescano granché, se non quella nera fuliggine dei Dark Funeral. La musica dei nostri sembra infatti un ipotetico ibrido tra il sound malsano ed esacerbato dei Deathspell Omega miscelato con le ritmiche infernali del post black americano, anche se ammetto di averci sentito un che dei primi Aborym al suo interno, qualcosa in fatto di velocità disumane degli Anaal Nathrakh e un po' di malvagità di scuola Mayhem. Le istruzioni per l'uso e consumo di questo disco devono esser chiare fin dai primi minuti di devastazione totale intessuti dalla band scandinava. I primi dieci minuti sono infatti affidati a ritmiche affilatissime che ben poco spazio lasciano alla melodia e al ragionamento; una prima pausa la si riesce a fare tra l'undicesimo e il quattordicesimo minuto, ma è chiaro che è solo un modo per condurre l'ascoltatore sul precipizio del burrone e spingerlo di sotto senza alcuna pietà. E la promessa è certamente mantenuta in quanto l'act svedese, da li a breve, si riaffiderà a ritmiche serrate, blast beat psicotici e screaming vocals iraconde. Splendido il mood glaciale che si respira grazie a quelle chitarre affilate come rasoi a tessere maestosi riff nordici. Un secondo break tra il 18esimo e il 19esimo minuto, serve più che altro per salvaguardare la salute mentale di chi ascolta e poi giù di nuovo a picchiare come dei fabbri con chitarre tra lo zanzaroso e il tremolante, un drumming che corre a velocità forsennate e le vocals lacerate e raggelanti, per un risultato che, pur non aggiungendo nulla di nuovo al genere, dà comunque modo di rivedere il concetto di velocità all'iperuranio, urla lancinanti e atmosfere diaboliche. Questi sono gli Obitus del 2017, non so quando avremo modo di riascoltarli con un nuovo album, fate quindi buon uso di 'Slaves of the Vast Machines', usando comunque tutte le precauzioni del caso, rischia di essere letale. (Francesco Scarci)

(Black Plague Records/Hypnotic Dirge Records - 2017)
Voto: 70

https://hypnoticdirgerecords.bandcamp.com/album/slaves-of-the-vast-machine