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lunedì 15 ottobre 2018

Nadir - The Sixth Extinction

#PER CHI AMA: Thrash/Death/Goth
Nati all'inizio degli anni '90 con il monicker Dark Clouds, cambiato poi in quello attuale circa un decennio più tardi, i Nadir ci offrono questo delizioso nuovo album, ultimo arrivato in casa della band ungherese che si dimostra prolifica come pochi in fatto di release. Ormai non si contano più gli album del combo di Budapest, nella loro pagina bandcamp se ne trovano undici a partire dal 2005 fino ad oggi e solo per questo dovrebbero ricevere un premio alla carriera. 'The Sixth Extinction' si riallaccia concettualmente al precedente lavoro da cui prende in prestito il titolo di coda per concepire e battezzare il nuovo nato. Il quintetto magiaro si sbizzarrisce nel riformulare le varie anime artistiche del gruppo, spostandosi tra death, doom, goth e thrash metal con naturalezza e soprattutto con notevole sicurezza, impatto e orecchiabilità. La costruzione dei brani è compatta, solida, ben sostenuta da una performance vocale di tutto rispetto, un ottimo artwork e chitarre sofisticate e taglienti. Di certo non vi annoierete con quest'album visto che al suo interno, brano dopo brano vi troverete richiami a Obituary, primi Paradise Lost e Rapture, con un tiro non comune ed un pathos diabolico e coinvolgente. I Nadir sanno esattamente come e cosa ottenere dalle loro composizioni, si nota e si sente che la gavetta è stata fatta, sono cresciuti a dismisura ed hanno appreso tutti i segreti per creare un buon album metal sotto tutti i punti di vista, dando vita forse alla loro release più matura, equilibrata, ricercata e intensa. Vi è un'anima oscura che esce allo scoperto, un lato melodico e drammatico che in realtà è presente in tutta la loro discografia, ma che qui affina le armi e si rende maestosa, moderna e drammatica, anche grazie ad una super produzione che alza la qualità d'ascolto e rende giustizia a dei musicisti di tutto rispetto. Come riuscire a staccare le orecchie dal tenebroso incedere di "Fragmented", resistere al passo in levare di "Along Came Disruption" che sembra una cover degli Alice in Chains suonata dagli Obituary, al magnifico, gotico e malinconico trittico di "Ice Age in the Immediate Future", oppure alla conclusiva, visionaria e più sperimentale "Les Ruins" con quel buio illuminato dagli stravaganti intro dei mitici Celtic Frost. Non esitate pertanto a farvi investire da questo disco, ascoltatelo e riascoltatelo per scoprire le mille sfaccettature in esso contenute e quanta passione stia dietro a queste note. Una medaglia d'onore più che meritata, una band degna di nota. Ascolto obbligato! (Bob Stoner)

(NGC Prod/Satanath Records/Grimm Distribution - 2017)
Voto: 75

https://nadirhun.bandcamp.com/album/the-sixth-extinction

mercoledì 21 giugno 2017

Nagaarum - Homo Maleficus

#PER CHI AMA: Black Avantgarde, Thy Catafalque
Della serie one mand band crescono, trasferiamoci quest'oggi in Ungheria, a Veszprém per l'esattezza, dove vive tal Nagaarum, che negli ultimi sei anni ha fatto uscire una cosa come 14 album. Prolifico il ragazzo, soprattutto se stiamo parlando di produzioni di una certa rilevanza, almeno gli ultimi cinque lavori che ho avuto modo di ascoltare. E allora 'Homo Maleficus', che arriva a distanza di un anno dai due lavori usciti nel 2016, si fa notare per i suoi contenuti black sperimentali. Tralasciando il bruttissimo artwork di copertina che mal si adatta alle sonorità del mastermind magiaro, muoviamoci all'ascolto di questa release, che si apre con i suoni insani di "A Befalazott", una traccia che miscela un black mid-tempo con il suono in tremolo picking delle chitarre, che contribuiscono a generare un certo mood malinconico. Le harsh vocals si alternano alle voci pulite, mentre un'intrigante linea melodica di sottofondo può evocare quanto fatto recentemente da un'altra geniale band ungherese, i Thy Catafalque. Sebbene le chitarre mostrino una ruvidezza di fondo nel loro incedere, ciò che impreziosisce la performance del musicista è una continua ricercatezza di un effetto, un'atmosfera particolare che sappia essere un po' inquietante in taluni momenti (e penso a "Az Elvhű", song post black doom, meritevole soprattutto nella seconda metà), oppure che offra una melodia vincente che sovrasti la furia generata dal black ("Vassal Nevelt", vera top song del cd) o ancora che sappia creare delle atmosfere lugubri e psichedeliche al tempo stesso, quasi surreali ("Cipelők"). Aggiungerei poi che la peculiarità di Nagaarum sta anche nell'iniziare un brano in un modo e concluderlo in maniera totalmente diversa, generando pertanto la percezione di aver gustato in 5-6 minuti, tutte le catartiche suggestioni sonore dell'artista ungherese. A tal proposito penso anche agli sperimentalismi di "Mens Dominium" o al doom dronico iniziale di " Dolgunk Végeztével", una song irrequieta, irrazionale, tribale, con dei vocalizzi stralunati cosi come con la sua ritmica che si muove tra punk, thrash, psych, industrial, avantgarde, black, doom e quant'altro, sorprendendo ancora una volta per un eclettismo sonoro che trova pochi eguali nella scena odierna. Dieci minuti di questo tipo lasciano addosso la sensazione di trovarsi sotto l'effetto di una qualche sostanza psicotropa, di essere avvinghiati da un senso di paranoia, di vedere ragni mostruosi che si muovono sul soffitto o vedere ombre minacciose laddove non ve ne dovrebbe essere traccia. La complessità musicale di questo 'Homo Maleficus' ha un che di portentoso ed entusiasmante. Si giunge ahimè al capolinea con l'ultima "Kolontár", cinque minuti di sonorità al rallentatore capaci di produrre quell'ultimo stato di angoscia che via via si trasformerà in quiete. Gran bell'album (ma mezzo punto in meno per la cover), ora fate come me, andatevi a riscoprire i precedenti lavori. (Francesco Scarci)

(Grimm Distribution/NGC Prod. - 2017)
Voto: 75

https://nagaarum.bandcamp.com/