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sabato 29 settembre 2012

Meniscus - War of Currents

#PER CHI AMA: Post Rock/Progressive, Explosions in the Sky
È tempo di rilassarsi, non posso certo martoriare costantemente le mie orecchie con brutal death o black satanico. Ecco perché ho preso il nuovo disco degli australiani Meniscus e l’ho infilato nel mio lettore, consapevole di quello che avrei trovato, avendo da poco recensito positivamente anche il loro debut EP. Partendo da un ottimo digipack, sotto un profilo prettamente estetico, con una cover cd che richiama quella cascata di lettere e numeri che compariva nel film “Matrix”, su uno sfondo bianco questa volta, la musica dei nostri aussie boys torna a percorrere il filone del post rock, cosi come era stato per il loro precedente lavoro, perdendo tuttavia un pizzico di smalto che tanto mi aveva ben impressionato in “Absence of I”. Mentre le prime due songs, “Room3327” e “130” ripercorrono quanto proposto in precedenza, “Immersion” si rivela molto più pacata, stentando proprio a decollare e trascinandosi pesantemente nell’oblio della noia. Chiaro, la band australiana non è diventata scarsa tutto di un colpo, sembra semplicemente essersi un attimo smarrita, alla ricerca di una visione ancora più intimista della propria musica, ed in tal caso devi essere un fenomeno e non aver paura di rischiare di perdere la faccia, altrimenti il rischio di fare una figuraccia è là dietro l’angolo. Beh per i Meniscus voglio essere chiaro: un passo indietro è stato fatto, e questo mi dispiace, ma sono certo che comunque anche voi avrete modo di perdonare questa defiance, anche perché nei 38 minuti di “War of Currents”, tutti gli elementi classici del genere sono comunque riscontrabili. Partendo dicevamo da un post rock strumentale, il trio cerca di sviluppare il proprio sound lanciandosi in divagazioni space rock progressive che ne esaltano la performance, nella più sperimentale delle tracce, “Fight Club”, in cui fa la sua comparsa in modo importante anche l’elettronica e finalmente un riff di chitarra dotato di un certo mood melanconico. Torno a ribadire la necessità di avere un vocalist, che possa aggiungere un quid in quei momenti che rischiano di intorpidire anche l’ascoltatore più attento. L’abilità della band non si discute, rimango perplesso su alcune scelte ridondanti che sono state fatte in sede di stesura dei pezzi. Meglio rendere più scorrevoli i pezzi, piuttosto che ripetere alcuni giri all’infinito in un loop, ahimè non ipnotico, semmai alquanto tedioso. Comunque i Meniscus rimangono eccellenti esponenti di un post rock, che sta vivendo in questo momento un boom, che non avevo di certo pronosticato. Da rivedere o meglio risentire… (Francesco Scarci)

(The Bird’s Robe Records)
Voto: 70

mercoledì 25 luglio 2012

Meniscus - Absence of I

#PER CHI AMA: Post Rock/Progressive, Explosions in the Sky
“Si viaggiare…” cantava Battisti 30 anni fa e io continuo a farlo, rimbalzando da una parte all’altra del globo alla scoperta di nuove entusiasmanti realtà e il mio viaggio, fa oggi tappa in Australia, alla scoperta dei Meniscus. Di primo acchito un nome del genere, mi farebbe pensare a quelle band anatomo-patologiche dedite ad un grind-splatter gore. Niente di più sbagliato, i nostri baldi giovani aprono questo Ep di sei pezzi, citando subito una delle band che ha fatto la storia del rock, i Pink Floyd, prima di iniziare ad entusiasmarmi enormemente con un sound notturno, che seguendo le orme di valide realtà del panorama post rock odierno (e mi vengono in mente Explosions in the Sky e Russian Circle), intraprende un sentiero fatto di magnifiche e fluttuanti melodie, il tutto centrifugato con una tecnica ineccepibile da tre ottimi musicisti, che una dopo l’altra, immortalano il proprio sound con dei grandiosi pezzi. “Cusp”, “Pilot”, “Mother” mostrano la vena progressive/post rock dei Meniscus, che seppur priva della componente (per me fondamentale) del cantato, riesce a catturarmi e lentamente avvinghiarsi alle mie interiora. Atmosferici, malinconici, carichi di groove e al contempo di visioni oniriche, senza tralasciare la pesantezza dell’heavy metal nelle sue ritmiche più rabbiose o un certo feeling etnico, questi sono i Meniscus. La sensazione che mi genera l’ascolto di questo disco è quella di vivere un sogno, dove le immagini sono decisamente sfocate e i suoni risuonano lontano come l’eco che rimbalza sulle pareti rocciose delle montagne, fino a giungere alle mie orecchie. Beccheggiante, come l’andatura delle barche a vela sul mare, “Idiot Savant” potrebbe rivelarsi il brano ideale per una crociera in libertà, perché quella che respiro è si aria di indipendenza, con il vento che soffia in faccia. Apro i polmoni e mi lascio trasportare in mercati mediorientali con sonorità arabeggianti, presto spazzate via da un riffing acuminato e da un drumming fantasioso. Eccelsi, non c’è che dire, anche per uno come me che di dischi strumentali non vuol sentir parlare. L’album si chiude con la timida e al tempo stesso roboante title track e con il cicalio di “Far”, dove ancora il suono lontano di timide percussioni, mi spingono a veleggiare verso nuovi lidi lontani… (Francesco Scarci)

(The Bird’s Robe Records)
Voto: 85