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mercoledì 8 giugno 2011

Lingua - All My Rivals are Imaginary Ghosts

#PER CHI AMA: Post Rock/Indie, Tool, Dredg
Recensire questa band è un po’ come ritrovare dei vecchi amici che non vedevi da tempo, eh si perché grande fu la sorpresa quando nel 2006 ascoltai per la prima volta il disco di debutto di questi svedesoni Lingua, poi diversi passaggi in radio, i primi contatti con la band e infine l’aver contribuito, in un qualche modo, alla firma da parte del combo scandinavo con la nostrana Aural Music. Ed ecco poi finalmente arrivare il nuovo lavoro nelle mie mani. Devo ammettere di averci messo un bel po’ di tempo prima di decidere di recensire “All My Rivals are Imaginary Ghosts”, perché fino all’ultimo mi sono chiesto se il mio contributo potesse essere utile alla causa dei Lingua o se forse sarei stato troppo fazioso nei loro confronti. Chi se ne frega mi sono detto, ho rotto gli indugi ed ecco a parlarvi della seconda release dei nostri, nel modo più obiettivo possibile. E vorrei proprio esordire dicendo che il primo album, mi aveva impressionato molto di più del qui presente, a dimostrazione che le mie parole saranno quanto mai sincere. Sebbene le palesi influenze “tooliane”, “The Smell of a Life That Could Have Been” ci aveva consegnato una band dal suono fresco e originale, con un vocalist dotato di una sorprendente tonalità vocale. Nel nuovo corso, la band scandinava sembra aver ammorbidito il proprio sound, mettendo da parte le reminiscenze post metal che emergevano di tanto in tanto nel debutto e proponendoci uno stile pur sempre riconoscibilissimo, ma un po’ più ruffiano, complice anche il fatto di aver prodotto brani più brevi e diretti. La ritmica iniziale di “Leave us Yours” è arrogante, palpitante nel suo pezzo centrale, con il cantato di Thomas sempre assestato ad alti livelli, e pronto ad annunciare la seconda “It’s a Massacre”, prima vera hit (dal ritornello super canticchiabile), che sembra essere stata concepita da una band indie piuttosto che metal, ma a chi importa. Anche la terza song viaggia su un oscuro binario mid-tempo, che fa dell’eccellente estensione vocale di Thomas il suo punto di forza. Pian piano i nostri vengono fuori e il primo pezzo Lingua style, che ricalca quanto sentito nel precedente lavoro, è sicuramente “It’s There, it’s Life”: si tratta di un bel pezzo ritmato, malinconico, efficace, si mi piace parecchio. Si procede e anche con ampio interesse: un altro esempio di come siano diventati semplici ma estremamente incisivi i Lingua di oggi è offerto da “Prodigal Son”, forse il pezzo più tirato delle 14, con quel suo tocco quasi punk, che emergerà anche nella parte centrale e più incazzata di “Centerpiece”. “I’m Not” riprende ancora una volta i Tool, mescolando il sound della band californiana con un certo dark anni ’90 della scena inglese e il risultato è più che buono. La band di Stoccolma continua a sorprenderci con brillanti trovate: è il caso della tribale “Cobalt Sky” che attacca con una litania che pare estrapolata quasi da un cerimoniale voodoo: ne sono profondamente attratto, ipnotizzato dalla litania reiterante del vocalist e dall’oscura melodia di fondo; un brivido percorre il mio corpo quando Thomas inizia a cantare, e quel basso continua a pulsare nelle mie orecchie, e mi spinge ad ondeggiare paurosamente alla ricerca di quel ritmo frenetico che verrà. Eccola, trovata la mia song preferita di questo avvincente cd. Se “All My Rivals are Imaginary Ghosts” fosse finito qui, credo nessuno si sarebbe offeso, anzi. Le ultime song calano un po’ di tono e finiscono per sembrare semplici riempi pista (salvo tuttavia la conclusiva “Disperse!”) per un cd che ci ha regalato diversi frangenti di ottima musica, ci ha confermato che in Svezia non esiste solo il death metal, che i Lingua sono una band di assoluto valore, carisma e personalità, e che voi avete un obbligo da rispettare: non perderli mai di vista! (Francesco Scarci)

(Aural Music)
Voto: 75

domenica 24 aprile 2011

Lingua - The Smell Of A Life That Could Have Been

#PER CHI AMA: Post Metal, Tool, A Perfect Circle
“La musica è un’energia, una vibrazione che costringe la mente ad una reazione emozionale di qualsiasi tipo, una fonte d’ispirazione, uno strumento terapeutico, una rivelazione di suoni che filtrano la realtà, la musica è una droga, una via di fuga...”. Ecco in poche righe il concetto di musica per questa straordinaria new sensation svedese, che uscita dal nulla, ha sfoderato una prova d’altissima classe e spessore, garantendosi un posto nella mia personale top 10 del 2006. Non starò qui a parlarvi della loro biografia, perchè poche sono le informazioni in mio possesso sulla band; ma partiamo subito con la musica. Il trittico di brani iniziali mi fa capire immediatamente che quello che ho fra le mani è un piccolo gioiello di musica post rock sulla scia di quanto fatto dai Tool: il riff di “May Crayons Guide the Sheep” è sì, preso in prestito dalla band statunitense, ma impreziosito poi dalla voce calda e ammaliante di Thomas, in grado di regalarci emozioni da brivido. Con la successiva “You Wonder Why...”, il vocalist scandinavo dà il meglio di sé gridando a pieni polmoni tutta la sua rabbia, grazie ad uno stupendo ritornello. “Out of Faces” è un brano più intimista, soffuso (con un’atmosfera in pieno stile Deftones) che parte piano, su un leggero riff di chitarra, per poi acquisire lentamente potenza ed esplodere nella quarta traccia, in cui la voce di Thomas si fa più corrosiva e incazzata che mai. Le restanti tracce viaggiano più o meno lungo gli stessi binari, con ottimi arrangiamenti, scariche elettriche, melodie accattivanti, momenti malinconici, il tutto accompagnato poi da un’eccellente perizia tecnica e come sempre dalla suadente voce del buon Thomas in grado di dare, quel qualcosa in più, per fare di “The Smell Of A Life That Could Have Been” un grande album di debutto. Forse la pecca principale della band sta nell’essere un po’ troppo debitrice nei confronti di band quali Tool o A Perfect Circle, e quindi di non avere ancora una personalità del tutto definita. Sinceramente però me ne frego, perchè questo lavoro ha saputo farmi rivalutare un genere che, esclusi i Tool stessi e pochi altri, aveva ben pochi protagonisti sulla scene e ben poco da dire. Per me “The Smell Of A Life That Could Have Been” rappresenta quindi un ottimo album e un ottimo acquisto da fare assolutamente in attesa della recensione dell'ultimo brillante cd per la nostrana Aural... (Francesco Scarci)

(Rebel Monster Records)
Voto: 85