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sabato 4 novembre 2023

Hidden Orchestra - To Dream is to Forget

#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali
Sognare è dimenticare? Benvenuti in questo oblio targato Hidden Orchestra, interessantissimo collettivo (o dovrei di,re orchestra?) britannico, guidato dal polistrumentista scozzese Joe Acheson, che affonda le proprie radici musicali nel jazz, IDM, drum & bass, rock, trip hop e musica classica. La prima song di 'To Dream is to Forget', è teutonica, possente, masticata dalle percussioni elettroniche, fuorviante, intersecata a sonorità distopiche connesse tra loro e sfuggenti alle altre tracce. Con "Hammered" disintegriamo un macigno facendolo irraggiare in pillole avvelenate, volatili. Pace convulsa, ossimori corrotti, graffi malcelati. "Little Buddy Move": è una traccia vivida, essenziale, imperlata da sonorità prismatiche. Fugge e rifugge la musica che nostalgica ritorna tra bit arroganti travestiti da ballerine provocanti in preda al reiterare di un loop buio senza luci strobo. E facciamo partire "Skylarks". La traccia parte fredda come il ghiaccio. Vi arriveranno stilettate di stalattiti dritte tra la giugulare e l’anima e finirete per esser preda di un gioco elettronico in cui perderete il vostro protagonista. Ora siete voi il centro del gioco. Copritevi bene se temete l’incendio per assideramento. Copritevi bene perché il vostro Matrix personale dura otto minuti e cinque secondi! Con "Nighfall" siamo nel mezzo dell’album. Inaspettatamente ci addentriamo in una radura fatta di suoni melliflui, di flora e fauna, di tastiere lentamente ascendenti. Il suono diviene circolare. La natura si trasforma in plastica alle pareti. La rete è in agguato per prendervi se mai precipiterete per esservi troppo rilassati. Silenzio. Patos. Monete che cadono sull’acqua. Un sound multidimensionale. Eccola "Scatter". Mi piace come mi piace fare su e giù con la testa ad un concerto intimamente ipnotico. Lasciate fuori di casa la mente. Portatevi solo i vizi per questo ascolto. Non vi dico altro. Vi rovinerei il circolo vizioso. E se non vi basta ora vi mando "Ripple". Soffia un vento del sud. Danzano le gitane intorno al fuoco virtuale, illusorio, poderoso, trepidante, fumante delle illusioni erotiche. Stacco le emozioni con "Broken". Sassi d’oro che vengono macerati in suoni. Ripercussioni in tre quarti. Ripercussioni ancora zingare e delizianti. Corse immobili all’oro che ci scende nella gola semi solido. Questa song corrompe l’anima. Filtra il buio solo se avevamo la luce dentro. Porta così lontano da…vedete voi se riuscite a tornare indietro dalle sabbie mobili a 24 carati. Ed ora benvenuta a "Cage Then Brick". Un minuto e cinquantasette di battiti fuori scala. Percussioni alterate, semicoscienti. Legno che scalda. Sibili di serpenti, cobra che avvolgono le arterie e d’improvviso sfumano. Non l’ho nemmeno assaporata. Come un morso letale. Piove adamantio. "Reverse Learning". Questa traccia inizia oltraggiosa e benevola al contempo. Ritmata quanto basta. Spezzata quanto basta. Avvolgente quanto basta. Sussultante quanto basta. Invece è una trappola per la mente. Esoterica. Pulsante. Accattivante. Egocentrica. E chiudiamo il nostro viaggio virtuoso con il titolo che dà il nome all’album, "To Dream is to Forget". Davvero? Perché? E se fosse? Gli Hidden Orchestra sono coraggiosi. Sfrontati. Enigmatici. Timidamente erotici. Futuristi. Capaci di pura proiezione nella loro arte. Ci lasciano con questo epilogo malinconico, filtrante, con suoni al rallentatore, espliciti, nostalgici, danzanti. E ora ricominciate l’ascolto e capirete la bellissima circolarità dell’album. (Silvia Comencini)

lunedì 25 aprile 2022

Tanidual - Alignement

#PER CHI AMA: Elettronica Sperimentale
William Laudinat è un artista francese, produttore e trombettista nei Walter Sextant, Les Fanflures, Compagnie Merversible, EPS. Oggi ci presenta invece una nuova release del progetto che porta il suo nome d'arte, ovvero, Tanidual. Si tratta di un progetto sperimentale che da sempre intende esplorare vie misteriose che attraversano la world music, l'elettronica, il jazz e l'hip hop, riuscendo a far passare le sue complesse architetture sonore, in maniera molto accessibile a chi le ascolta, mostrando una grande sensibilità compositiva. Partendo da una base costante di matrice jazz grazie ad un uso della tromba etereo ed ipnotico ("Alignement"), il musicista transalpino crea le sue ambientazioni a metà strada tra le composizioni più morbide di Paolo Fresu, (ricordo l'album 'Summerwind'), sporcate da un'elettronica ricca di venature sofisticate e imprevedibili, figlia di ascolti del tipo Mira Calix ('For the Selector') o Banco de Gaia ('Maya'), con cui interagire con aspetti lievi della world music, che aiutano a creare una sorta di musica ambient dal sapore multietnico, indefinita e fluttuante ("Suling"), che s'identifica in orchestrazioni futuriste e di pura fantasia musicale. Il minimalismo dell'elettronica e le ritmiche IDM si fondono poi in una matrice progressiva, inventando dei manifesti sonori che inneggiano alla musica lounge, acid jazz e hip hop ("Auf le Jour" con il featuring di L'erreür alla voce), quanto alla sperimentazione in stile soundscape, per un'immaginaria scena da film a rallentatore. Provate a chiudere gli occhi ed immergervi in brani come "La Bènef – part A" (con al trombone Guillaume Pique) e nella conclusiva ripresa di part B, dove il tempo si ferma allo scandire della presenza vocale prestata dall'ospite Arthur Langlois, sospeso nelle note di quel synth dal retrogusto puramente seventies. "La Limite" è una canzone dove la chitarra suonata da Antoine Paulin, si connette in perfetta sinfonia con la tromba ed una ritmica dai bassi profondi, per creare uno dei brani più belli da ascoltare del lotto, alla pari di "Reno au Pays des Synthètiseurs", con un'altro ospite, Reno Silva Couto al sax, che sembra un'Alice nel Paese delle Meraviglie avvolta in un mantra di sintetizzatori, con una performance solista di gran classe. La bella e cupa "In the Sky" vanta ancora Guillaume Pique al trombone mentre l'ultima segnalazione va alla sperimentale e suggestiva musicalità di "Check". 'Alignement' è alla fine un disco che travisa una calma apparente ma che in realtà attraversa diametralmente, e allinea, come cita il titolo del disco, un sacco di mondi e correnti sonore sparse tra modernismo, sperimentazione e tradizione. Certamente un album impegnativo ma per i ricercatori di novità e melting pot sonori, sarà come avere tra le mani un vero e proprio vaso di pandora dal contenuto contrario, ovvero, un sacco di benefici per le vostre orecchie. (Bob Stoner)

(Atypeek Diffusion - 2022)
Voto: 75

https://tanidual.bandcamp.com/

sabato 23 aprile 2022

Gong Wah - A Second

#PER CHI AMA: Psych/Post Punk/Indie
Li abbiamo apprezzati un anno e mezzo fa quando i nostri uscivano con il loro album omonimo. Tornano oggi i tedeschi Gong Wah, forti di un nuovo lavoro all'insegna di quelle sonorità kraut rock, elettronica e fuzzwave che avevamo avuto modo di apprezzare nel debut. 'A Second' segna il passo del secondo capitolo per la band di Colonia che vede ancora l'evocativa voce di Inga Nelke dominare il palco. E la proposta dei Gong Wah la si apprezza sin dall'opener, cosi gonfia, cosi melodica e trascinante. "Heartache Jean" corre che è un piacere e noi con la fantasia proviamo a starle dietro. "The Well" nel suo incedere pop rock ci porta nel mondo fatato dei Gong Wah, dove il basso magnetico di Giso Simon si unisce al fare seducente di Inga. Le percussioni darkeggianti di Nima Davari aprono "Consolation", una danza ipnotica che non potrà non coinvolgervi nel suo mood non troppo distante pure dallo shoegaze, in un brano che ha una progressione splendida e violenta, che la identificherà alla fine di questo viaggio, tra i miei brani preferiti del lotto. Sofferenza pura per la minimalista "Baby, Won't You Come Along", tiepida e inconsistente però nelle sue zaffate droniche. Più votata al post punk con venature elettroniche invece "Paint My Soul", ancora una volta coinvolgente nelle sue note quasi danzerecce, con la voce di Inga qui sopra gli scudi. E si arriva al momento del pezzo più lungo e strutturato del disco, "One Fine Day", otto minuti di commistioni sonore tra elettronica minimalistica, IDM, kraut rock e qualche ulteriore sfumatura che solo ripetuti ascolti potrebbero palesare. Ma questo è un altro pezzo favoloso di questo 'A Second', un disco in grado di celare ancora piccole perle tipo l'irruenta e sbarazzina "The Violet Room Track". Più ritmata invece "This Life", ed è in questo genere di brani che vedo più "normalità" nella proposta dei nostri, anche se, ancora una volta la voce suadente di Inga, ravviva un po' il tutto. In chiusura la ninna nanna affidata a "A Head Is Not A Home", una ballata che chiude questo stimolante e sperimentale lavoro dei Gong Wah. (Francesco Scarci)

(Tonzonen Records - 2022)
Voto: 76

https://gongwah.bandcamp.com/album/a-second

mercoledì 5 maggio 2021

Postcoïtum - News from Nowhere

#PER CHI AMA: IDM/Electro/Industrial
La Francia cresce su tutti i versanti, non solo nel black stralunato e sperimentale ma quello stesso sperimentalismo viene messo a servizio delle sonorità elettro acustiche dei Postcoïtum, quasi da sembrare improvvisate. Il progetto di oggi include due musicisti, Damien Ravnich e Bertrand Wolff, che già si sono messi in luce in passato per una proposta electro/noise, grazie ad un paio di album di sicuro affascinanti, ma non certo semplici da approcciare. Tornano oggi con un terzo lavoro, il quarto se includiamo anche l'EP di debutto 'Animal Triste', che colpisce per la cupezza delle atmosfere sintetiche che si aprono con "Desire and Need", che veicola il messaggio della band attraverso una tribalità musicale che miscela IDM, ritmiche trip hop, indie e suoni cinematici, il tutto proposto in chiave interamente strumentale, lanciato con un loop infernale nella nostra mente. I suoni ingannevoli del duo marsigliese entrano come un bug informatico nelle nostre orecchie, sradicando ad uno ad uno i neuroni che costituiscono il nervo acustico. Una dopo l'altra, le song incluse in 'News From Nowhere', si srotolano in fughe danzerecce ("Calipolis") in cui si farà fatica a rimanere inermi. Ma la band è abile anche nel plasmare e maneggiare sonorità ambient rock ("Araschnia Levana"), dove sembrano palesarsi influenze stile colonna sonora, provenienti dalla sfera dei Vangelis. Il manierismo elettronico dei Postcoïtum si palesa più forte e disturbato che mai in "Rojava", definitivamente la mia traccia preferita del disco, con la cupezza e le distorsioni dei suoi synth, spezzati da quell'approccio psych rock, che si ritrova nel finale e che gioca nuovamente su una ridondanza sonica al limite del lisergico. Ma questo sembra essere il verbo dei due francesi anche nella successiva ed evocativa "La Bestia", che imballa i sensi con altri quattro minuti abbondanti di sonorità elettroniche deviate e contaminate che ci accompagneranno fino alla conclusiva "In Paradisum" che per note degli stessi - io vi professo la mia ignoranza - riprende la Messa da Requiem 48 di Gabriel Faur, per un ultimo atto all'insegna di sonorità new age, ideali per un rilassamento yoga. Insomma, quello dei Postcoïtumnon non è certo un album per tutti, di sicuro per chi ha voglia di sperimentare qualcosa di differente dal solito, anche solo per allontanare la mente dal caos di tutti i giorni. (Francesco Scarci)

(Daath Records/Atypeek Music - 2021)
Voto: 70

https://daath.bandcamp.com/album/news-from-nowhere

venerdì 20 novembre 2020

Bergeton – Miami Murder

#PER CHI AMA: Synth-Wave/IDM/Electro
Devo ammettere che la copertina di questo album mi ha incuriosito molto e scoprire chi si cela dietro al progetto Bergeton, è stata una cosa proprio inaspettata. Siamo al cospetto di una figura di culto del mondo black metal, che ha suonato con Gorgoroth, Godseed, 1349 e che dal 2011 è parte integrante dei Mayhem. Sto parlando di Morten Bergeton Iversen, artista norvegese conosciuto da tempo nella musica estrema con lo pseudonimo Teloch. In questo nuovo solo project, il musicista di Oslo si cimenta con l'arte della musica elettronica, lontanissimo dalle sue abituali ritmiche violente, fredde e oscure. Qui Mr. Iversen si mostra padrone della scena e capace costruttore di architetture elettroniche che subiscono l'influenza di vari mostri sacri del genere ma non soccombono al plagio anzi, con un pizzico di glamour e humor noir, l'artista norvegese riesce efficacemente a mescolare le sue carte fino a realizzare una manciata di brani fruibili e godibili, frutto di un certo gusto e coinvolgimento nel genere in questione. Dicevamo dell'artwork di copertina, che si mostra come la locandina di un anime thriller, ambientato in una Miami del futuro il che rende molto l'idea della musica contenuta in questo disco di debutto. Una musica ispirata, che non abbassa mai i toni, sostenuta, che incrocia il suono dei Front Line Assembly con quello dei videogiochi anni '80, che rimastica i Model 500 con i Kraftwerk, i suoni dei primi Depeche Mode con il mood della celebre sigla della serie X-files. Musica costantemente pulsante, con belle atmosfere, a volte più morbide ed immediate, a volte più sinistre, intelligentemente danzanti (IDM) con inserti e arrangiamenti intriganti, a volte persino tese e nevrotiche senza mai perdere la vocazione per l'orecchiabilità. Si parte con "Arabian Nights" ed il suono scivola immediatamente tra la synth wave e la dance cosmica di fine anni '70, con un perfetto riff etnico che certamente farà presa su ogni tipo di ascoltatore. Si prosegue con un brano che si presenta da solo, dal titolo inequivocabile "Depeche Load", che si schianta tra la band di Dave Gahan e le prime intuizioni sintetiche e dark dei VNV Nation. In "Fort Apache Marina", il suono si snoda tra ritmi elettro/funk di gusto retrò e innesti chitarristici inaspettati, di chiara ispirazione metal. Il disco continua con influenze kraut e persino techno-trance, con il brano "Lambo", ma è con la new wave di "Miami Murder" che dà anche il titolo all'album che si tocca la vetta, con analogie che l'accomunano alla sigla del film Miami Vice, filtrata dalla decadenza espressa in "Vienna" dai mitici Ultravox. " Natasha K.G.B." è un buon esempio di come una musica fatta con intelligenza, possa farti immaginare un film di spionaggio che non hai ancora visto, mentre "The Demon", a differenza degli altri brani, esplora un ambiente sonoro più duro, e distorto più vicino all'EBM, agli ultimi Project Pitchfork con l'ingresso della presenza vocale, che si manifesta in forma di inquietante parlato. Il finale è lasciato a "Valley of Death" che chiude l'album con un beat ossessivo, curve e altalene elettroniche rubate direttamente dalla console Atari e dai videogames di un tempo assai lontano. 'Miami Murder' è sicuramente un disco molto dinamico ed energico, che non avanza pretese di originalità ma che gode di ottima fantasia e gusto, qualità che bastano a rendere il tutto piuttosto personale. Sarebbe proprio un peccato dire in giro di non averlo mai ascoltarlo. (Bob Stoner)

(Meus Records - 2020)
Voto: 70

https://bergeton.bandcamp.com/

giovedì 13 febbraio 2020

Aes Dana – Inks

#PER CHI AMA: Electro/IDM
Cosa dire di più di Aes Dana non saprei, produttore, compositore, dj, co–proprietario della Ultimae Records, sperimentatore elettronico e conoscitore di paesaggi sonori a tema ambient tra i più prolifici del panorama. Con questo suo ottavo album, il musicista francese si cimenta in un mastodontico lavoro che racchiude tutte le sfaccettature del suo stile, optando questa volta per l'uso massiccio di ritmi rubati alla drum' n bass ed alla techno trance/IDM di prima scuola. Ipnosi ed iperspazio sonoro rappresentano le parole d'ordine di 'Inks', che ci fanno entrare in un mondo astratto e visionario, cosmico e rarefatto, costruito su suoni introspettivi, microscopici e pulsazioni quasi industriali, bassi profondi e drone music partorita da sintetizzatori infiniti. Cascate di suono cristalline si riversano in un mare lisergico sospeso nel nulla (a riguardo ascoltatevi lo splendido brano "Peace Corrosion"). Undici brani medio lunghi, tutti tra i 6 e gli 8 minuti circa, dal fascino notturno e crepuscolare, un disco da assaporare obbligatoriamente da soli, al buio osservando un cielo stellato in piena notte, suggestivo, evocativo. Alta qualità del suono e produzione modernissima e spettacolare come di consuetudine in casa Ultimae (con l'edizione digitale su bandcamp a 24 bit che è ormai un appuntamento immancabile), copertina eccelsa come da copione per l'etichetta di Lione, una lunga carrellata di musica avvolgente ("Alep Offset" è una vera gemma sonora), che usa un linguaggio digitale per raccontare storie e intrighi di vita come dichiara Vincent Villuis (aka Aes Dana). Un ottavo disco che si presenta come un ottimo biglietto da visita, un'introduzione alle opere dell'artista, forse non il suo album più intimo ('Pollen' rimane il mio preferito di sempre) ma sicuramente l'opera ideale per approcciarsi alla sua arte più recente. 'Inks' è l'ennesimo tassello di qualità che va a rinforzare la già immensa cattedrale del suono ambient di casa Ultimae Records. Un ascolto obbligato per gli amanti della musica elettronica d'ambiente, quella più più sofisticata e ricercata. (Bob Stoner)

(Ultimae Records - 2019)
Voto: 80

https://ultimae.bandcamp.com/album/inks

sabato 23 marzo 2019

Liles/Maniac - Darkening Ligne Claire

#PER CHI AMA: Ambient/Experimental/Drone/IDM
Devo ammettere che mi aspettavo qualcosa di più da questo super duo ma, riconoscendo che la musica di questo lavoro è solo una parte di un progetto d'arte visiva ben più esteso, incentrato sulle opere del signore del logo metal, Christophe Szpajde, posso assaporarlo e giudicarlo solo a metà, ascoltandone esclusivamente la musica. Andrew Liles (artista e produttore, con Nurse With Wound e collaboratore dei Current 93) e Sven Erik Fuzz Kristiansen aka Maniac (ex cantante dei Mayhem) ci offrono in questo 'Darkening Ligne Claire' sette brani dal taglio duramente sperimentale, dove la voce di Maniac viene smembrata e frantumata in mille parti da una serie infinita di effetti fino a farla flirtare con una sorta di ambient minimale ed astratto. Difficile parlare di forma canzone o soundtrack, le composizioni risentono della mancanza visiva (sono state prodotte solo sette copie fisiche speciali di questo album!) e si percepisce che avrebbero un senso completamente diverso ascoltate di fronte ad un'immagine e non così, nude e crude. La musica s'interseca tra suoni isterici rubati ai seminali The Residents e l'elettronica più moderna, con spunti e intuizioni veramente vintage e datati. A volte troviamo anche retaggi sonori provenienti dal mitico 'Scream With a View' dei Tuxedomoon (in versione destrutturata e sgretolata per bene) e stupisce poi l'uso dell'harmonizer, quanto l'assenza totale del ritmo scandito solo da accenni ricavati dal parlato di Maniac. Un lavoro ostico e difficile da inquadrare, sicuramente singolare conoscendo il background dei due artisti, misteriosa l'idea di battezzare tutti i brani con un nome di una band black metal o comunque appartenente al circuito metal estremo di cui Szpajde ne ha disegnato il logo, un singolare tributo a queste band oppure un'originale fonte d'ispirazione? "Enthroned" è un finto brano di elettronica drum'n bass scarnificato e disossato di tutto, lasciando con solo piccole frazioni di suono a dettar legge, "Slauther Messiah" con "Wolves in the Throne Room" sono i due brani che mi hanno colpito maggiormente, il primo per la sua veste così drammatica e il secondo per la sua apertura cosmica verso un ignoto buio astrale. Come già accennato, il disco si presenta con un suono di confine non accessibile a tutti e fatto apposta per intenditori voraci di musica ultra sperimentale, anime mai sazie di nuovi orizzonti, come il sottoscritto. 'Darkening Ligne Claire' alla fine è un album tutto da interpretare e di difficile approccio, solo per appassionati del genere. (Bob Stoner)

martedì 5 marzo 2019

Master Margherita - Border 50

#PER CHI AMA: Dark/Ambient/Dub/Elettronica
Il consolidato musicista/DJ Moreno Antognini, che sotto le spoglie di Master Margherita sfodera musica al confine tra dub ed elettronica berlinese fin dai primi anni 2000 (innumerevoli le sue release), si scopre primo attore anche tra le fila della Ultimae Records, etichetta dai gusti molto radicali in fatto di musica, che però, con questo nuovo 'Border 50' lascia diversificare leggermente le sue proposte musicali, permettendo di spostare il tiro verso un ambient con spunti di matrice decisamente più alternativi. Una forma diversa, pensata con i ritmi lenti, psicotici e bui della Kilimanjaro Darkjazz Ensemble, Bohren & Der Club of Gore e Dale Cooper Quartet & Dictaphones, dove tutto risulta sospeso e rinchiuso nell'ombra, dai rumori uditi in lontananza fino ai colpi di una batteria appena accennata. La composizione di matrice rock oriented (alla maniera dei Pink Floyd più eterei), è un punto di partenza e non un arrivo, un motivo che offre uno spunto di ispirazione ma che viene progressivamente fatto svanire in favore di un ambient più consono all'estetica dell'etichetta. Spiccano le fughe sonore dei synth e la drone music più meditativa, tipico delle produzioni della Ultimae. Il dub che vive nel background dell'artista elvetico, viene messo in sordina nella parte iniziale dell'album, anche se, per tutto l'intero fluttuare del disco si sente, nella profondità dei bassi e nel bilanciamento del suono, che Master Margherita ha la stoffa, il carattere e l'esperienza per governare al meglio questo tipo di sonorità. Dicevamo che il sound può essere anche classificato come dark ambient, poiché richiama arie e stili usati da band vicine al dark/synth wave in generale (vedi 'Time Machines' dei Coil). Sicuramente ci si mantiene all'interno del genere e lo si rivisita in chiave malinconica e scura, ottenendo un'elettronica scenografica e cosmica di scuola Martin Nonstatic (compagno di scuderia), utilizzando in maniera statica e cupa il suono elettronico di Sync24. Il trittico iniziale è spettacolare nel suo essere un colosso sonoro completo ed elegante, un suono misterioso che sfocia ("Shruti One - Ambient Mix") in un folk guidato da un flauto etnico (magistralmente suonato da Don Hooke), dal tocco estremamente magico. Da questo punto in poi i ritmi diventano sempre più rarefatti, i brani sembrano rifarsi ad una coltre di fitta nebbia e tutto sembra congelato ed immobile. Con "Cosmogram" (il brano migliore della compilation a mio avviso) l'abbandono avviene tra le stelle di una sconosciuta e nera galassia, una visione buia ed infinita. I dieci minuti abbondanti di "Border 50 Dub Mix" in compagnia di The Positronics, ci riavvicinano al dub cosmico, liquido e pulsante con i suoni rimodernati alla maniera del mitico Bill Laswell con un ricordo d'annata delle opere di 'The Scientist'. In chiusura il ritorno al drone/ambient di "Extending Downwards (Border 50 Mix)". Un disco non facile da assimilare ma che offre spunti di cristallina bellezza, sicuramente non da sottovalutare (disponibile anche in versione 24 bit). (Bob Stoner)

(Ultimae Records - 2018)
Voto: 73

https://ultimae.bandcamp.com/album/border-50

martedì 17 aprile 2018

Aes Dana - Pollen

#PER CHI AMA: Electro Ambient Sperimentale
Avvolta in un involucro dal delicato e sofisticato artwork, la nuova released di Vincent Villuis (aka Aes Dana), disponibile peraltro anche a 24 bit per i puristi del suono, è un distillato di ipnotica ed eterea ambient/dance music altamente digitalizzata, proveniente dalla parte più intima e profonda di un compositore/ricercatore e cultore di nuove vie espressive in fatto di musica ambient del futuro. Con queste intenzioni, il co-fondatore della Ultimae Records, la splendida e raffinata etichetta francese, ha cercato di fondere le cadenze di una certa dream wave sperimentale con l'ambient cinematico e con la psichedelia naif alla Ozric Tentacles, spogliando la musica dei folletti britannici di tutto il loro germogliare prog rock. Il tutto estraendone solo linfa sonora space ambient e fondendola con la techno trance, senza mai caricare in aggressività, e creando alla fine un effetto filmico alla Tangerine Dream. Un viaggio purificatore dove si ridefinisce il concetto di techno ambient, dove la danza stimola la riflessione e l'emotività, dove la macchina aiuta il musicista a riscoprire l'essenza del suono, dove il territorio della new age viene conquistato da un'alchimia sonora più introspettiva e trasversale, che punta al contesto intimo e profondo, dove il concetto di ambiente è astratto, indefinito e tutto da interpretare per vie sensoriali. Ascoltate "Conditioned" o "Tree.Some", con i loro ritmi leggeri, le eteree e rarefatte costruzioni timbriche, le pulsazioni primordiali ed ogni tipo di suono che va scarnificandosi per prepararci al volo ipnotico. Rimandi continui ad un nuovo inizio spirituale, una musica di sopravvivenza, i Massive Attack senza il veto del dub, l'elettronica strumentale dal gusto ricercato e fine, le pulsazioni di certi Aphex Twins violentati dal mite e romantico suono del buon Tim Hecker, quello dello splendido album intitolato 'The Ravedeath, 1972'. Prendetevi il tempo necessario per ascoltare questi 10 brani di ottima fattura, rallentate il battito cardiaco e mettetelo in sincronia con le angeliche melodie di 'Pollen', consumate "The Meeting Point" in solitudine, magari in macchina girando di notte a cercare voi stessi. Scioglietevi di fronte ad "Horizontal Rain", potreste perdervi come in un film di Wim Wenders. (Bob Stoner)

(Ultimae Records - 2017)
Voto: 85

https://ultimae.bandcamp.com/album/pollen

martedì 13 marzo 2018

Martin Nonstatic - Ligand

#PER CHI AMA: Ambient/Elettronica
Martin Nonstatic è un artista sofisticato, ma non lo scopriamo certo oggi, avendo già recensito un paio di suoi album. In tutti i suoi lavori di musica d'ambiente riesce a far esplodere un oceano di emozioni nell'ascoltatore. Emozioni di varia natura che convergono tutte con la voglia di ritagliarsi uno spazio etereo in cui poter sentirsi vivi. Così, i bassi ben tarati e mai invadenti, l'incedere lento della miriade di rumori e ronzii che vagano perenni tra i brani, si fondono a synth vintage e ultramoderni, tra suoni alla Tangerine Dream e un Eno raggelato da correnti di suoni freddi e crepuscolari, tanto elettronici, che ti soffiano in faccia una sospesa e rigenerante armonia futurista, una tecno a rallentatore di origine teutonica che, come lo stupendo artwork, ci proietta in un mondo incantato, invernale, fatto di lenti movimenti, estasi e momenti di velata malinconia. L'ora in cui si srotola il cd sembra infinita e l'album sembra una lunga colonna sonora che ci porterà in un sogno che ci donerà riflessione ma anche l'illusione di essere stati liberi almeno mentalmente durante il suo ascolto. La media delle composizioni è lunga perciò si raccomanda un posto isolato ed intimo, ottimo per viaggiare in macchina di sera, in solitudine a riordinare le idee. "Ligand" è il brano che mi ha colpito di più per la qualità del suono e l'infinità di rumori che ne determinano il ritmo minimale e frastagliato, un brano fantastico anche per l'uso diverso e frantumato dei synth, che per qualche strana alchimia, mi ricorda certa new wave sperimentale dei tempi d'oro. Sempre supportato dalla Ultimae Records (uscito nel novembre del 2017), il nuovo disco di Martin si presenta divinamente, come di consuetudine per la casa francese, ricalcando la tipica filosofia ambient elettronica dal leggero sentore sperimentale, carica di suggestioni cinematiche, musica per umani dal cuore puro che dialogano con il mondo digitale, nel tentativo di immaginare una natura incontaminata che li possa ancora accogliere. Una vera e propria fuga dalla realtà, solo così posso definire "Dendrictic Ice" e l'intera opera, un'estensione dell'infinito. Immancabile il suo legame con l'astrologia/astronomia ("Kepler's Law") e la biochimica con la song che dà il titolo all'album. Un ricercatore sonoro d'altri tempi. Un ascolto consigliato. (Bob Stoner)

(Ultimae Records - 2017)
Voto: 85

https://ultimae.bandcamp.com/album/ligand

martedì 13 febbraio 2018

Petrolio - Intramonia: Noises for Angela

#PER CHI AMA: Drone/Noise Sperimentale
La Low Noise Productions promuove progetti sonori di confine accomunati tra loro dalla predilizione verso generi come l'IDM, il noise, la techno, l'industrial, l'ambient e la sperimentazione. Una fucina di suoni interessantissima per un'etichetta underground che suscita grande interesse per i ricercatori di nuovi intrugli rumorosi. Tra questi vi troviamo il folle prodotto della one man band italiana, Petrolio, intitolato 'Intramonia: Noises for Angela'. Un EP assai suggestivo in perfetta sintonia con lo stile della Low Noise, fatto di tre pezzi dalla media lunghezza, identificati con il solo titolo di "Work no. 1", "Work no. 2" e "Work no.3", a sottolineare il significato occulto ed impenetrabile di questo lavoro partorito probabilmente tra le nebbie, in una casa isolata dal mondo e in preda a delirio psichico. La musica rotea su circolari forme elettro rumoristiche che si muovono a vortice sia che si presentino come drone o come riff acidamente alterato o sottratto a qualche band digital core. Il sound è sintetico, plasticato e di umore grigio, non esageratamente dark ma soffertissimo, sempre pronto al collasso, carico di sospensione e tristezza cinematica, notevole è la stretta parentela con la colonna sonora del cult film "Eraserhead". Il suo incedere è lento e i ritmi sono minimali quasi a voler tentare di esportare il digital noise in territori funeral doom. Stupendo il terzo brano che devasta l'ascoltatore portando in un impasto dark/industrial, lacerato, rallentato e sporco, un carico di tensione che alla fine risulta una tortura emotiva, tra echi dei primi Front 242, Throbbing Gristle e Nitzer Ebb con un lieve ma splendido accenno di voce femminile. Le registrazioni sono basate su performance live da parte dell'artista Angela Teodorowsky. Il progetto Petrolio è la reincarnazione di Enrico Cerrato, musicista attivo in vari ambiti musicali estremi dal metal al jazz noise punk, che qui si ripresenta dopo l'ottimo, 'Di Cosa si Nasce' ed il precedente, 'Il Destino d e l'Hombre', con un lavoro cerebrale e ancor più destabilizzante, quasi una forma di resa e conseguente prigionia nei confronti di un ambient assassino pieno di circuiti e transistor impazziti, un'ossessiva colonna sonora trasmessa dal profondo degli abissi. (Bob Stoner)

sabato 10 giugno 2017

V/A - Collected by Mizoo - Greenosophy Chapter II

#PER CHI AMA: Elettronica/Ambient
La Ultimae Records è come il canto delle sirene in mezzo al mare, ammaliante e luminosa, pericolosa e votata alla perdizione. Non si pensi a cose dannate ma bensì ad un bagno in acque cristalline, rinvigorenti anima e corpo, acque profonde che toccano i nostri più intimi stati d'animo, piccoli frammenti di sogno tolti alle nostre vite per divenire suono e musica. La nuova compilation 'Greenosophy Chapter II', uscita sotto le ali della etichetta transalpina dedita all'ambient più etereo, elettronico, minimale ed introspettivo, è il seguito naturale del primo volume dal titolo 'Greenosophy', uscito qualche anno fa ed è un assaggio curato dal DJ svizzero Mizoo, che raccoglie ed esibisce suoni dei tanti artisti dell'etichetta, da Scann–tec ad Aes Dana, passando per Miktek e tanti altri, per affrontare un suono stimolante e rilassante allo stesso modo, carico di spessore e micropulsioni elettroniche, figlie di sperimentazioni tra tecno sound e new age, sempre suggestive e mai banali. Come in uso alla Ultimae, la compilation è senza tregua e tutti i brani, seppur di autori diversi, trovano una direzione all'unisono, inducendo l'ascoltatore ad intraprendere un lungo viaggio a metà tra l'ipnosi e la mistica percezione, pura poesia per le orecchie, musica proiettata nel futuro, qualità sonora spettacolare (esiste anche la versione a 24 bit per i palati più fini), con l'usuale ottimo artwork (curato da Arnaud Galoppe and Vincent Villuis che si sono occupati anche della masterizzazione), dalla ricerca grafica inequivocabile e perfetta nel rappresentare il sound peculiare, maniacale, cinematico e viscerale delle release della label transalpina. Musica da ascoltare ad alto volume in concentrazione o in cuffia per capire veramente cosa si nasconde dietro a questi pezzi coalizzati divinamente da DJ Mizoo, che all'apparenza sembrano banale musica elettronica per ambiente lounge ma nel cui interno vi si nasconde arte finissima del mondo elettronico. Tra queste tracce, la cui matrice filosofica sembra ovvia e ben manifestata, vi si trova la magia di ambienti incontaminati composti pensando agli intoccabili Brian Eno, Sakamoto e Kraftwerk, rivisitati in chiave chillout. Non esiste un brano migliore di altri poiché il lavoro è omogeneo ed equilibrato a puntino, e tutto fila che è un piacere. Concedetevi un viaggio ai confini della realtà conosciuta, ascoltando 'Greenosophy Chapter II', farete del bene alla vostra anima! (Bob Stoner)

domenica 22 gennaio 2017

James Murray - Eyes to the Height

#PER CHI AMA: Ambient, Minimal, Soundtrack
Nella musica di James Murray ci si può perdere con leggerezza, con quel sentore settembrino appena fresco ed intenso, immergersi in colori autunnali, liberi di sfoderare un'emotività multicolore, contenuta ed accesa, alla ricerca di una forma d'essere che sia pura come l'acqua più cristallina. È di queste cose che si ricopre il nuovo album dell'artista inglese, piccoli battiti di musica elettronica rubati alle pulsazioni del cuore, un suono caldo, avvolgente e profondo, rarefatto, come se la musica di Daniel Lanois virasse sicura verso i lidi della migliore elettronica minimale, passando per dovere tra Mùm, le magie di Eno, shoegaze vari e certe cose ambient di Robert Rich e Tangerine Dream. In "Holloways" (brano stupendo) troviamo un musicista in forma fantastica che trasuda classe e stile da vendere, in orbita tra galassie ambient, ritmi lievi, bassi profondi e foreste sacre, che lo uniscono di fatto al concetto di suoni per una natura incontaminata. Si continua con il sogno diviso a metà tra meraviglia e oscuri presagi di "What Can be Done", tra drone e leggerissimi innesti ritmici, un mantra sonico affascinante ed avvolgente come una fitta nebbia mattutina in aperta campagna. La peculiarità e la cura maniacale per un sound perfetto, si mette in mostra in tutta la durata del disco e la ricerca di un suono che possiamo definire tridimensionale, è centrata in pieno. Composizioni quelle di James, che ammaliano e pongono l'ascoltatore di fronte ad un'esperienza sonora atta alla rigenerazione sensoriale, rispolverando downtempo e cariche emotive in voga ai tempi della migliore new age music ed al trip hop più lisergico e misterioso. Una colonna sonora dell'anima senza fissa collocazione nel tempo e nei generi. Una decina di brani che potevano essere, in veste elettronica e strumentale, la colonna sonora di una nuova opera di Wenders, con in prima fila un pezzo sopra le righe come "Ghostwalking", che reputo un vero e proprio gioiellino. Splendida compilation in perfetta linea qualitativa con le produzioni d'alta classe dell'etichetta d'oltralpe Ultimae Records, anche se, per certi aspetti, in questo bel disco, si nota una controtendenza che lo diversifica dai lavori dei compagni di scuderia (se si pensa al mitico viaggiatore spaziale Martin Nonstatic) che optano per un sound più tecnologico, futurista e moderno. Un contrasto ricercato ed originale, che si fa notare mostrando volutamente un suono più umano, sognante e parecchio analogico, per certi aspetti, più legato ad un effetto vintage e retrò dell'elettronica. L'ascolto di quest'ultima fatica del compositore britannico, uscita sul finire del 2016 per la sempre più rosea etichetta francese, è indubbiamente un'esperienza che merita di essere fatta, una full immersion rigenerante e inebriante, in definitiva un ottimo lavoro. (Bob Stoner)

sabato 29 ottobre 2016

Martin Nonstatic – Nebulae Live at the Planetarium

#PER CHI AMA: Ambient/Electro/IDM
In un contesto particolare quale può essere il planetario Zeus A Bochum in Germania, la Ultimae Records ha proposto ai suoi artisti di suonare live, un'occasione ghiotta di vedere questi illuminati dal vivo, in una situazione almeno in parte non consona al mondo musicale. Nel febbraio di quest'anno, Martin Nonstatic, supportato dalle proiezioni di Tobias Wiethoff, ha portato la sua musica visionaria in sintonia con l'ambiente circostante, creando un legame psicofisico con l'illusione spettacolare che può creare un planetario, geniale invenzione, che tra le tante proprietà, è in grado di riprodurre i principali movimenti dei corpi celesti e gli spostamenti apparenti dei pianeti e della Luna sulla sfera celeste. Così tra una costellazione e l'altra, nasce 'Nebulae', con il suo artwork di copertina esemplare, curatissimo e raffinatissimo, come spesso accade con l'etichetta di Lyon. La registrazione live della performance è di alta qualità e di sicuro effetto estatico. Martin centra perfettamente la sintonia con il viaggio interstellare, creando rumori e suoni ipertecnologici e futuristi, inflazionati da un concetto di infinito e spazio aperto senza confine, ammaliato da spettacolari corpi celesti. Una musica d'ambiente che vira profondamente verso la colonna sonora di un film di fantascienza, per un'ora di suoni elettronici hi-fi che comunicano con Kraftwerk e robot vari, che trasformano l'ambient di Brian Eno in un sogno cyborg, senza dimenticare l'elettronica anarchica degli Autrechre, rivista in una forma rallentata e rarefatta a dismisura, e dotata di una venatura chill-out da outsider, rifiutante le mode, rendendo alla fine il tutto attraente e affascinante. Le capacità dell'artista austriaco sono indubbie e la sua sensibilità compositiva merita apprezzamento e rispetto. La sua volontà di ricerca è assai propositiva e rivolta ad un pubblico che ama un ambient impegnativo ma anche coinvolgente, una sorta di rigenerazione sonora fatta di grappoli sonici minimali, rumori e ritmi profondi, ancestrali, ipnotici e cinematici. Una lunga colonna sonora eseguita dal vivo che testimonia una serata di grazia creativa e una maturazione raggiunta che può accompagnare il musicista di Linz ovunque nell'universo sonico. Martin Nonstatic sta scrivendo pagine interessantissime della musica ambient sperimentale, pagine che non possono passare inosservate. 'Nebulae' è un ottimo lavoro d'introspezione sonora, di esplorazione ambientale con un tocco di elettronica raffinata e intelligente, un'altra pietra miliare aggiunta alla discografia di un talento tutto da scoprire ed apprezzare. (Bob Stoner)

(Ultimae Records - 2016)
Voto: 80

lunedì 3 ottobre 2016

Scann-Tec - Unyt

#PER CHI AMA: Ambient, Electrowave, Minimal
Vladislav Isaev è un talentuoso compositore e musicista, scultore del suono attivo sin dal lontano 1996. L'ultimo lavoro a nome SCANN – TEC, uscito sotto le ali protettrici della Ultimae Records mostra tutta l'esperienza maturata dalle precedenti produzioni, le innumerevoli creazioni, partecipazioni ed invenzioni sonore dell'artista elettronico russo, compreso la sua esperienza in ambito di soundtrack televisive e l'importante collaborazione con la gloriosa The Future Sound of London. Autore di un mix intramontabile che spazia tra ambient, electrowave, minimal electronic e psichedelia digitale fredda e post moderna, l'artista russo offre la sua opera in una curatissima confezione digipack, affascinante e preziosa, in puro e unico stile Ultimae (disponibile anche in versione digitale a 24 bit sulla pagina bandcamp). La musica, orchestrata tra pulsioni analogiche e prodezze digitali, s'incarica di trasportare l'ascoltatore verso viaggi sensoriali, al confine tra musica new age e chill out che si assottiglia aprendo un mondo di magia carico di mille colori vividi e radiosi, illusioni percettive leggere e sfuggenti al tocco, come il brano che presta il nome alla raccolta, "Unyt", song piena di corposa fisicità al silicone e malinconia da lounge bar per poeti maledetti dell'iperspazio sconfinato. Trama cinematica ed arborea fluorescenza per la successiva "Quantum Evo", con la sua stratificazione di percussioni minimali, la cadenza al limite del dub e una coda da ipnosi assicurata. Il viaggio continua e l'effetto è garantito, costante e sicuro, tanto è alta la qualità della produzione e della scrittura dei brani. Una musica dotata di forza cibernetica, fluidità sonora, complessità e ricerca ritmica peculiare. Soventi sono le geniali introduzioni di parti psichedeliche, come l'ingresso di una chitarra sfuggente ed astratta che si eleva in "Ne Viden", ripercorrendo le opere notturne dei Bark Psychosis, epoca 'Hex'. Ambient music dicevamo, nello stile di Digiseeds, come concetto espressivo e coinvolgimento emotivo senza mai dimenticare il piacere dell'ascolto e dell'orecchiabilità, frutto di brani intensi ma mai oscuri, allucinazioni controllate e volte ad un benefico bagno nell'infinito ("Svet"). Cristallina ed evanescente musica d'ascolto, mutuata da un'infinità di rumori e suoni sparsi tra i solchi di bassi profondissimi e droni cosmici ("Kilnostat"), di cui Vladislav Isaev, con le sue intuizioni sonore, è degno portavoce e bravo compositore. "Parsec" è quasi una versione ambient, eterea e rarefatta degli Ozryc Tentacles più languidi. Irreali e futuriste, impalpabili ed avvolgenti, queste tracce, venute direttamente dall'iperspazio, vi lasceranno senza fiato, con le pupille dilatate a forza, paralizzati ad esplorare orizzonti sconosciuti, sofisticati e senza tempo. Fatevi trasportare e non ve ne pentirete! (Bob Stoner)

(Ultimae Records - 2016)
Voto: 80

https://ultimae.bandcamp.com/album/unyt-24bit

lunedì 19 settembre 2016

417.3 - 34

#PER CHI AMA: Post Rock Sperimentale, Mono
Rostov sul Don è la più grande città della Russia meridionale che apre le Porte del Caucaso al territorio sovietico, nonché patria storica dei cosacchi e per il sottoscritto, da oggi, anche la città che ha dato i natali a questi 417.3. Non so esattamente a cosa si riferisca questo numero, una ricerca su internet mi ha condotto a qualche protocollo HACCP, che non credo faccia esattamente riferimento al moniker della band; ho pensato anche di interpretare questa misteriosa cifra come una data, 3 luglio 1941, un giorno in cui Joseph Stalin fece un discorso radiofonico all'Unione Sovietica per invitare il popolo a sollevarsi contro l'invasore o ancora potrebbe riferirsi al giorno della battaglia di Białystok–Minsk, dove i tedeschi ebbero la meglio sulle truppe sovietiche, 417.3 rimane per me un mistero. Il quintetto russo nasce nel 2005 e in dieci anni hanno prodotto un paio di album, di cui questo '34' è l'ultimo da poco uscito. Le influenze dell'ensemble pescano a piene mani nel post rock di gente quali Explosion in the Sky o Mono, ma nelle corde dei cinque ragazzi scorrono anche fiumi di math e prog rock. Quel che conta però è che i cinque brani (i cui titoli fanno riferimento ad altri codici per una numerologia a me sconosciuta) mi convincono pienamente per la loro maturità di fondo e la consapevolezza di saper catturare l'attenzione di un ascoltatore esigente come il sottoscritto, che fatica in assenza di un vocalist. Servono pertanto un crescendo di suoni, splendide melodie ed atmosfere vellutate nei dieci minuti di "15", la traccia d'apertura, per scaldare gli animi di quei diffidenti. Quello che più mi colpisce della proposta strumentale del quintetto, è l'utilizzo che fanno delle percussioni, vero punto catalizzatore del flusso musicale dei 417.3. Queste deliziano il mio palato con sommo piacere, accompagnandosi a tocchi forse un po' ruffiani ma azzeccatissimi, delle 6-corde e a quel senso di malinconia che è diffuso un po' in tutto il disco, un'emozione che fa chiudere gli occhi e ondeggiare il capo sulle note dei nostri. Ed è solo la prima song, quasi dieci minuti di fulgide emozioni. "92" parte ancora una volta piano, delicata come una dolce carezza sul viso, capace di accelerare solo in un paio di frangenti. È poi il momento di "581", una song più stralunata, che vede il supporto degli Henry Teil, una band locale sperimentale, formata peraltro da membri dei 417.3 stessi e dai Retina, combo dedito ad un sound elettronico downtempo e che fa dell'improvvisazione il suo credo. Questo si riflette inevitabilmente nell'incedere ambient/noise della traccia, a cui aggiungerei anche industrial e IDM, che arricchiscono ulteriormente la proposta della band di Rostov che sul finale, trova il modo di restituire l'originale verve rock ad una traccia che aveva intrapreso strane derive sperimentali. Con "501" (che faccia riferimento ai Levis?), i nostri tornano apparentemente sulla "retta" via, con un sound inizialmente post rock, sfruttando il canonico uso di ripetizioni di versi di note e consueti improvvisi cambi di tempo, anche se la vena noisy/minimal/ambient sembra diventare preponderante per gran parte degli oltre dieci minuti del pezzo. Il disco si chiude con "52", che cita ulteriori influenze kraut rock per l'act russo, in un flusso dinamico che portano alla creazione di trame e desolati paesaggi sonori che si fondono con il resto della strumentazione. I nostri ci metteranno anche del tempo a produrre i loro album, c'è da dire che il risultato finale è davvero meritevole. (Francesco Scarci)

(Towner Records/Unlock Yourself Records - 2016)
Voto: 80

https://4173.bandcamp.com/