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sabato 31 gennaio 2015

I Watch Mountains Grow - The Ancient

#PER CHI AMA: Progressive Metalcore/Avantgarde
Ascolto questo primo full-lenght degli austriaci I Watch Mountains Grow, e non posso fare a meno di pensare: questi sono dei fottuti schizofrenici. 'The Ancient' è una sorta di frullatore primordiale, in cui il quintetto viennese vomita tutto quello che ha divorato: tracciare una lista di riferimenti musicali sarebbe quasi impossibile. Il disco si apre con “Syria”: un minuto di pianoforte inquietante che esplode in una violenta sequenza di riff, bridge senza capo né coda, dove la voce di Ben G! urla e gorgoglia di puro malessere. C’è una certa vena punk negli I Watch Mountains Grow e “No Hard Feelings Dude” e la title-track “The Ancient” lo dimostrano: batteria in quattro, cori urlati, melodie deviate – una versione malata e sotto adrenalina dei Black Flag. Ma non è finita: preparatevi ad agitare l’accendino sul ritornello strappamutande di “How is the Thing Called, That's Left When Friendships End?”. Non c’è tempo per respirare: “That Moment When You Can't Find a Lighter” e “…And Footsteps of a Spaceman” vi catapulteranno in una cosa a metà tra Meshuggah e Black Dahlia Murder, con una punta di percussioni jungle e testo rappato. C’è la brutalità dei Cannibal Corpse alternata a ritornelloni prog-metalcore (“In Conflict!”), c’è l’atmosfera rarefatta ed inquietante delle tastiere ispirate (“Of Wind and Water…”, “All Those Moments Will Be Lost in Time, Like Tears in Rain”), c’è persino un brano quasi-pop con voce femminile (“Tribute To Humanity”) e una ballad romantica acustica (“We Start at the End and Stop at the Beginning “). La ricetta che si ritrova più spesso è quella del metalcore (così spesso che le parti si assomigliano un po’ tutte tra loro): ritornelli corali e melodici da mani alzate infilati in canzoni violente condite da growl, scream e stop-and-go di batteria. Ma non è tutto qui, neanche per sogno: se c’è una cosa che gli I Watch Mountains Grow sono capaci di fare è sorprendere, con stile. È un disco difficile da ascoltare, non si può negare: manca un filo conduttore omogeneo e, forse, è questa la vera forza (e paradossalmente, il vero punto debole) di 'The Ancient'. (Stefano Torregrossa) 

(Self - 2014)