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giovedì 4 aprile 2013

Gardenjia - Epo

#PER CHI AMA: Djent, Meshuggah, Vildjartha
Ecco il rischio della musica digitale: scaricarla, metterla in una qualche parte nell’hard disk e dimenticarsi totalmente di avere a portata di mano qualcosa di succoso ed interessante. Mi scusino i baresi Gardenjia, che già avevamo ospitato nelle pagine del Pozzo, in occasione del loro primo lavoro, quella volta però fortunatamente in cd. Tornano dunque con quello che dovrebbe essere il loro full lenght di debutto, un album che prosegue sostanzialmente la strada tracciata dal precedente EP, “Ievads”. Stiamo parlando ovviamente di djent, che tanto andava di voga nel biennio 2010-2012, ma di cui poi lentamente se ne sono perse le tracce, con alcune band che hanno virato il proprio sound verso altre sonorità più ruffiane. Non è certo il caso dei nostri che tentano immediatamente di anestetizzarci con l’ipnotica “Ante Rem”, song che oltre a fare il verso ai Meshuggah, ricalca anche le gesta dei vari Vildjartha e Uneven Structure. Gli ingredienti classici del genere ci sono tutti: le solite chitarre polifoniche e ribassate, che entrano da un orecchio e escono dall’altro, lasciandomi in uno stato mentale distorto e stordito. La tecnica sopraffina non può assolutamente mancare, se si vuole emulare le gesta dei gods svedesi o francesi, quindi anche la band pugliese, esce a testa alta sotto questo profilo. Da un punto di vista musicale, l’approccio alle song non è dei più semplici, dato che un po’ come è in casa Meshuggah, anche qui l’act italico rischia il più delle volte di (s)cadere nell’eccessiva reiterazione di alcuni riffs o poi, come accade nella lunga title track, le chitarre suonano molto disarmoniche e ubriacanti, rendendo il tutto di difficile digestione, ma forse conferendo un maggiore interesse al disco. “In Blue” è un bel pezzo, anche se il riffing suona ormai troppo simile ad altre mille release. Certo sarà anche il genere che lo impone, ma se dopo 3-4 anni di globalizzazione di questo stile, siamo già in una fase di saturazione, sarebbe il caso di trovare nuove soluzioni. La voce del vocalist spazia tra il pulito (non troppo convincente) ad una voce più incazzata, mentre interessante e spesso sottovalutato è il lavoro dietro alle tastiere. Menzione finale per “In Dusk”, in cui fa capolino anche un malinconico sax, che denota una voglia di maggiore personalità nel proprio sound da parte dei nostri. Forse la carne al fuoco è ancora molta, tuttavia, la strada intrapresa dal combo italico, sembrerebbe quella giusta. (Francesco Scarci)

(Self) 
Voto: 75

domenica 19 febbraio 2012

Gardenjia - Ievads

#PER CHI AMA: Djent, Meshuggah, Vildjartha
Finalmente anche l’Italia mostra i primi segni di contaminazione djent e ne abbiamo la prova con i brindisini Gardenjia, che hanno rilasciato da poco questo EP di quattro pezzi, tra i quali vi è contenuta anche la cover degli Heroes del Silencio, “Entre dos Tierras”. Il cd si apre con la traccia omonima e i nostri baldi giovani mostrano da subito i muscoli attaccando con una intricatissima ritmica da paura, in pieno stile “Meshugghiano”: tempi dispari, chitarre polifoniche super distorte, stop’n go palpitanti, atmosfere claustrofobiche e la voce al vetriolo (ma anche pulita) di Raffaele Galasso; pazzesche linee di chitarra e assoli schizofrenici completano il quadro, da fine del mondo della prima monumentale traccia. Signori, cha band esplosiva ho tra le me mani. Attacca “A Beast Called Man” e accanto alle influenze di scuola scandinava, costantemente corredate da un’ottima tecnica individuale, di cui voglio esaltare l’eccellente prova fantasiosa del drummer Antonio Martire, trovano spazio anche divagazioni in territori un po’ più progressivi, pur mantenendo comunque un lacerante e al contempo malinconico substrato musicale. “Stones as Dry Leaves” apre ancora con la delicata irruenza di matrice djent; mi vengono in mente i Vildjartha più rilassati e gli Uneven Structures più ipnotici, due band che lo scorso anno mi hanno fatto venire le vertigini, e se posso essere sincero, i Gardenjia non sono poi cosi tanto lontani dalle performance dei colleghi nord-europei, anzi vorrei sottolineare la capacità del trio pugliese di spingersi oltre, con schegge contaminate dal crossoverizzato sound degli ultimi Cynic, spaziali. A chiudere il cd ci pensa l’inopportuna cover degli Heroes del Silencio, che mi lascia un po’ cosi, perplesso: sicuramente l’ho fischiettata piacevolmente poiché erano anni che non la sentivo, ma sinceramente non capisco il motivo di includere questa song all’interno dell'EP. A parte questo, ora mi aspetto il rilascio di un full lenght vero e proprio in modo tale che quel 75 là sotto, possa schizzare un po’ più in alto… (Francesco Scarci)