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mercoledì 17 gennaio 2024

Fluisteraars - De Kronieken Van Het Verdwenen Kasteel - II - Nergena

#PER CHI AMA: Pagan Black
Ho recensito la prima parte di questo trittico di EP 10", degli olandesi Fluisteraars, mi sembrava quindi doveroso darvi un feedback anche sul secondo capitolo, in attesa del terzo atto. Beh, la band la conoscete, auspico tutti, e si fa portavoce di un black furioso, mistico e misterioso. Le melodie di "De Maan, Zon Van de Doden", che aprono 'De Kronieken Van Het Verdwenen Kasteel - II - Nergena', minimizzano quell'incedere distruttivo ma, direi meraviglioso, che contraddistinguono il pezzo. Un eco dei Negura Bunget a livello percussivo e nell'utilizzo di inusuali strumenti sonori, accompagnati dalle catramose vocals di Bob Mollema, mi fanno sussultare dalla sedia per un brano che vede un finale più doomish e venato da tinte folkloriche. Spettacolare, cosi come auspico lo sia altrettanto il side B del disco, "De Mystiek Rondom de Steen des Hamers". E questa, pur risultando in apparenza più lineare del side A, non delude le aspettative, e nella sua maestosa epicità, conferma la bontà della band olandese e una crescita musicale davvero invidiabile. (Francesco Scarci)

lunedì 23 ottobre 2023

Helheim - Terrorveldet

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Epic
Ripeschiamo un vecchio mcd degli Helheim, band norvegese di black epico. 'Terrorveldet' inizia con un‘intro molto strana ("Helheim Part 1") fatta di campionamenti di batteria e tastiere strutturate in modo epico, che può lasciare un po’ perplessi i meno inclini alla tecnologia ma tutto sommato ha un suo fascino ammaliatore. Arrivando agli altri due pezzi che compongono il dischetto, si può dire che la formula degli Helheim non è cambiata rispetto al passato, eccezion fatta forse per una semplificazione nella struttura dei pezzi, resi un po’ troppo insipidi e con poca personalità. Il mio consiglio è di cercare lavori più strutturati e interessanti (leggasi 'Yersinia Pestis' o 'Blod & ild').

(Ars Metalli/Night Birds Records - 1999/2013)
Voto: 60

https://www.facebook.com/helheimnorway

lunedì 9 ottobre 2023

Huginn - The Millennium End

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Epic Black
Lo splendido demo dei Huginn trascina l'ascoltatore, sin dalle prime note, in un clima altamente suggestivo, merito anche della buona qualità della registrazione. Il genere praticato dal polistrumentista piemontese è un black metal di stampo epico-battagliero, un incrocio fra Bathory, Falkenbach, Graveland, dove l'impasto sonoro non è mai caotico. Le canzoni (quattro in tutto) sono varie e ben strutturate. Alla one-man-band italica non interessa, per fortuna, scaraventare addosso all'ascoltatore una cacofonia inintellegibile. L'unico appunto che mi sento di muovere all'autore riguarda le vocals: se maggiormente diversificate, avrebbero accresciuto la già elevata qualità dell'opera. Sarebbe stato bello che a questo musicista fosse stata una proposta da parte di un'etichetta seria e affidabile. Se lo meritavano davvero, ma le cose sono andate diversamente con lo scioglimento della band e la successiva nascita degli Skoll. Intanto, accostatevi 'The Millennium End' senza timore: non ne rimarrete delusi.

(Self/Masked Dead Records - 1999/2016)
Voto: 75

https://maskedeadrecords.bandcamp.com/album/the-millenium-end-1999

sabato 12 agosto 2023

Immortal - War Against All

#FOR FANS OF: Black Metal
Demonaz has a strong sound to his vocals just liked Abbath did. Very similar. But on here, the riffs are tighter than most Immortal releases. There's a lot of the albums that I like, mostly 'At The Heart of Winter'. That one didn't have a strong production quality though. 'Blizzard Beasts' was a worst production but the riffs were great especially "Mountains of Might." This is another chapter of Immortal since the dispute didn't keep the band disconnected. I like the direction they're going on here. A lot of epic riffs all by Demonaz. This album is less than 40 minutes but it's worth every moment.

'Northern Chaos Gods' was good but I felt like this one is stronger. The riffs tighter and the intensity more so. Always have been a fan of this band and good to know that they're not dead, defunct. I'm not so impressed about what Abbath is doing with his project, but he has some good songs on his three releases so far. He's just got to quit drinking. This band had a little different dynamic when he was with the band. Less technical on the guitars than Demonaz but still there were a lot of great releases with him in the band. Demonaz was notorious for his lyric writing but now he's in the spotlight with the guitar riffs.

This band I hope has a long life following this one. I feel like the music is totally tight and original. Demonaz is a wizard with the riffs. Really creative and surreal in his music and it leaves Abbath in the dust with his technicality.

As long as Demonaz is the new frontman, he'll hopefully continue to write some more great music like he did on here. Really hit home with his riffs and the session musicians did a strong way in accompanying the riffs and vocals. Maybe he'll recruit some official musicians and tour. A lot of us want to see Immortal kicking ass even without Abbath. I know that's possible. This album tells it all! This guy has some great licks and the vocals emulate those of Abbath with a little twist. I do recommend every Immortal fan to listen to this one because it literally slays. On any platform, I bought the CD! Don't miss out on some great music! (Death8699)


martedì 8 agosto 2023

Spider God - The Spiders - Blast Masters Volume One

#PER CHI AMA: Epic Black
Che gli inglesi Spider God non fossero un gruppo come gli altri, l’ho sempre sostenuto. Ora con questa nuova release che include quattro cover dei Beatles, mi tolgo definitivamente ogni dubbio. Si parte con la splendida “Eleanor Rigby”, song estratta dall’album ‘Revolver’ dei Fab Four, qui ovviamente riletta in chiave black, tra vocals arcigne e furiose ritmiche, ma le melodie del classico dei Beatles del 1966 rimangono intatte nella sua veloce cavalcata. Adoravo l’originale, adoro questa versione super caustica. Per non parlare poi del singolo un po’ più vecchio (1963), “She Loves You”, incluso in ‘The Beatles' Second Album’, che rappresenta peraltro il maggior successo di vendite dei quattro ragazzi di Liverpool in Inghilterra. Qui diventa una cavalcata tra black ed heavy classico, tra vocals corrosive e melodie super catchy. Si passa poi a “Norwegian Wood” del 1965 (‘Rubber Soul’) e qui la song potrebbe essere assimilabile a un pezzo di True Norwegian black miscelato ad un qualcosa di epico stile Windir. Fantastici. Il gran finale? Non poteva essere che “Yesterday”, il classico per eccellenza della band britannica, che ci catapulta nel 1965 e al lavoro ‘Help!’. Rimane inconfondibile la melodia di fondo, cosi come pure quel senso di malinconia che l’ammanta e ne fa forse il brano più conosciuto in tutto il mondo. Insomma, un’uscita divertente che mi fa ulteriormente apprezzare la vulcanica proposta black degli Spider God. (Francesco Scarci)

sabato 5 agosto 2023

Nattehimmel - The Night Sky Beckons

#PER CHI AMA: Epic/Pagan Black
Non potevo fare finta di niente, gli In the Woods... sono stati una parte importante nella mia crescita di metallaro essendo state una delle band che più ho amato a metà anni ’90 e vedere che oggi si sono formati sono altre spoglie, rispondendo al nome di Nattehimmel, non può che rendermi felice. I fratelli Botteri (menti anche dei Green Carnation) sono tornati e questo ‘The Night Sky Beckons’ è il loro demo del 2022 che ha anticipato l’uscita di quest’anno, ‘Mourningstar’. Lo stile dei norvegesi si avvicina molto a quello di ‘Light of Day, Day of Darkness’ dei Green Carnation con l'aggiunta alla voce di J. Fogarty, un altro che non ha bisogno di troppe presentazioni, vista la sua militanza negli Old Forest, Ewigkeit, ex voce degli In the Woods... e The Meads of Asphodel. Un gruppo ben assortito di musicisti che lungo queste tre tracce, ci delizieranno con il loro prog pagan doom che in alcune parti, sembra trovare sfiati black metal, come nel black cosmico dell'iniziale "Astrologer" o nel riffing marcescente a metà di “Mountain of the Northern Kings”, laddove la voce di Mr. Fogarty assume sembianze screameggianti anzichè palesarsi in un formato epicamente pulito. La musica del quintetto anglo-norvegese si conferma di assoluto valore, con sterzate stilistiche tra parti doomish e stilettate black (in stile In the Woods…) come avviene nell’ultima e anche title track, che non fa altro che confermarci come i fratelli Botteri siano ritornati alle loro origini, e a quella speciale forma di black misticheggiante che mi aveva totalmente rapito ai tempi di ‘Heart of the Ages’ nel lontano 1995. Ora non mi resta altro che ascoltare il nuovo album. (Francesco Scarci)

(Hammerheart Records – 2022)
Voto: 74

https://hammerheart.bandcamp.com/album/the-nigh-sky-beckons 

sabato 22 luglio 2023

Beenkerver – Twee Wolven

#PER CHI AMA: Epic Black
La saga delle one-man-band prosegue e questa volta ci conduce nel mondo di Beenkerver (all’anagrafe Niels Riethorst), polistrumentista originario di Gelderland, nei Paesi Bassi. Dopo il disco d’esordio uscito lo scorso anno, ‘Ontaard’, il mastermind olandese, in compagnia del batterista Nico de Wit (Alvader, Bezweing), torna con un nuovo EP di tre pezzi, ‘Twee Wolven’. La proposta della band ci porta nei paraggi di un black metal ispirato, melodico, e stranamente interessante, visti i contenuti alquanto scontati della proposta. Il concept del dischetto è legato ai racconti dei vecchi nativi americani e alla lotta simbolica tra due lupi che in realtà rappresentano le emozioni che albergano dentro ognuno di noi, l’uno collegato ad emozioni cattive (l’odio, l’invidia, il risentimento, l’avidità, ecc), il secondo invece legato a emozioni positive, quali gioia, pace, speranza e amore, ecc. Chi vincerà? Questa è la domanda che si pone l’artista mittle europeo in questi tre brani, pregni di melodie, suggestioni folkloriche (“Deel 2 – De Strijder”), accelerazioni post-black, harsh vocals, ed epiche cavalcate di scuola Windir, eseguite in tremolo-picking (“Deel 1 – De Dromer”), ingredienti sicuramente stra abusati, ma che in questo contesto, trovano un loro perchè. Tornando poi alla domanda del musicista, la risposta dei Cherokee sarebbe che prevarrebbe l’emozione che uno decide di cibare, mentre Beenkerver cerca di esplorare un'ulteriore opzione, ossia pensare alla co-esistenza dei due lupi. Insomma, la classica domanda esistenziale su cosa prevarrebbe tra bene e male, un argomento già sviscerato più volte in passato da altre band e che qui, trova per lo meno un pizzico di interesse, legato ad una ricerca musicale all’insegna di un black melodico che non lascerà del tutto scontenti. (Francesco Scarci)

(Vendetta Records - 2023)
Voto: 65

https://beenkerver.bandcamp.com/album/twee-wolven

Primordial - Spirit the Earth Aflame

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Pagan Black
Le band irlandesi non fanno il solito metal; non tutte infatti dimenticano le proprie origini e come fatto anche dai Primordial, la musica folk sta alla base delle loro composizioni. Non vi basterà un solo ascolto per interpretare al meglio 'Spirit the Earth Aflame', ma ogni volta ne scoprirete sicuramente elementi che vi erano sfuggiti senza accorgevene. I Primordial non vogliono sviluppare le loro idee e gusti musicali semplicemente suonandole, ma vogliono ricrearli trasmettendoli tramite atmosfere che ripercorrono temi epici e il black metal che si susseguono accompagnati da cantati puliti e più estremi. La musica non è brutale e violenta ma l’impatto metallico è presente e non delude, forse la voce del cantante si mostra inferiore nei momenti scream ma impressiona invece in quelli puliti, in cui sembra uscire dall’ambito metal. Il lavoro dei Primordial non delude le aspettative, come purtroppo han fatto altri loro connazionali e compagni di etichetta, i Cruachan.

(Hammerheart Records/Metal Blade Records - 2000/2010)
Voto: 75

https://primordialofficial.bandcamp.com/album/spirit-the-earth-aflame

martedì 25 aprile 2023

Wintarnaht - Anþjaz

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Formatisi originariamente col moniker Winternight e come one man band capitanata dal bardo Grimwald (che sta dietro anche a band quali Dauþuz e Isgalder, oltre ad essere un ex di molte altre), il buon mastermind ha poi tradotto il proprio nome nella forma germanica più arcaica, ossia Wintarnaht, proponendo una commistione di suoni epic black pagani in questo lavoro intitolato ‘Anþjaz’. La classica intro atmosferica e poi via alle epiche battaglie già dalla title track di questo quinto album della band della Turingia. Se la copertina del cd lasciava presagire un prodotto scarno e forse mal registrato, in realtà ho trovato i contenuti di ‘Anþjaz’ al pari dei primi brillanti lavori dei Menhir (fatalità anche loro della Turingia, quasi ci fosse un magico sottobosco in quella zona di foreste della Germania) in grado di quindi di sciorinare un pomposo concentrato di black ispiratissimo che si muove tra arcaiche melodie, cori folklorici e galoppate di black furente, che trova però spesso e volentieri rallentamenti atmosferici che rendono il tutto decisamente più gustoso e appetibile (ascoltatevi “Wint Zuo Storm” per meglio comprendere il flusso musicale del factotum teutonico). “Regangrâo” è un bell’intermezzo acustico che ci conduce alla devastante “Haimaerþa”, una scheggia impazzita di black grondante odio nelle sue ritmiche infuocate e nel growling/screaming efferato del frontman. Grimwald picchia sicuramente come un fabbro, ma stempera l’irruenza del black con i suoi intermezzi folk con tanto di cori, che per certi versi mi hanno evocato gli Isengard. Nella lunga e tenebrosa “Untar þe Germinâri Mâno”, il black si sporca di sonorità doom che vedono in splendide aperture chitarristiche, tiepidi squarci di luce, cosi come pure il cantato pulito rende tutto evocativo, al pari di un basso che macina lugubri suoni in sottofondo. Ancora un break strumentale e poi arrivano le ultime due tracce, di cui vorrei sottolineare la vivacità di “Staingrab in þe Morganbrâdam”, ove ho la sensazione di captare tracce di Absu nelle sue linee di chitarra che nel finale, si sbizzarriscono in una ritmica impetuosa e devastante, diluita solo dal lavoro delle tastiere e dai molteplici cambi di tempo e coro. In chiusura, “Ûzfaran” sembra nascere dalla chitarra di un impavido menestrello, per poi evolvere in una sorta di rituale sciamanico che chiude alla grande un lavoro a cui francamente non avrei dato un euro e che invece ha saputo conquistarmi per i suoi interessanti contenuti. Ben fatto. (Francesco Scarci)

sabato 25 febbraio 2023

Caladbolg - Cosmic Restorer

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Celtic Black Metal
Buon esordio di Celtic black metal per i nostrani Caladbolg. Inneggianti alla battaglia, i nostri sfornano un potente e ben suonato demo tiratissimo, urlato, molto epico e distruttivo. Parti veloci si alternano anche a parti più lente e ritmate, senza cali di tensione o dispersioni di vario genere, con una voce sempre grezza e aggressiva. La loro dedizione per i miti celtici si vede nei testi ben fatti, completi e comprensibili per chi volesse approfondire la tematica. La comprensione delle canzoni si vede anche dalla loro linearità, dal momento che pur non scendendo nel semplicismo, viaggiano nel modo giusto senza stufare l’ascoltatore. Anche la produzione è nella norma per fa si che il lavoro risulti alla fine buono.
 
(Self - 1999)
Voto: 66 
 

giovedì 9 febbraio 2023

Voyage in Solitude - The Isle of Death and Rebirth

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Li avevo recensiti a inizio 2021 in occasione dell'uscita del loro disco di debutto, 'Through the Mist with Courage and Sorrow'. Ora i Voyage in Solitude, il progetto della one-man-band di Hong Kong capitanata da Derrick Lin, torna con un nuovo secondo album, 'The Isle of Death and Rebirth'. Due anni fa avevo particolarmente apprezzato la proposta dell'artista originario dei Nuovi Territori dell'ex colonia britannica, dedita ad un post black atmosferico. Cinque nuovi pezzi oggi per il polistrumentista dell'estremo oriente con il lunghissimo incipit strumentale affidato alle melodie graffianti di "Set Sail for the Isle", che per nove minuti e mezzo ci delizieranno anche con atmosfere soffuse ed intriganti, e chitarre che, nel corso del brano, si paleseranno in modo assai simile alla forma in cui Burzum ci aveva abituato ai tempi di 'Hvis Lyset Tar Oss'. Non si tratta però di una ritmica cosi ferale, ma sicuramente tra un arpeggio e l'altro, di punti di contatto con l'artista norvegese ce ne sono parecchi. Con la seconda "Wrath of Nature" (singolo apripista per questo cd) la ritmica si fa decisamente più tirata e, finalmente, fa anche la sua comparsa il latrato animalesco di Derrick in un contesto feroce dal primo al quinto minuto, quando il frontman decide di tirare il freno a mano e, accanto al classico arpeggio di chitarra, proporre il raffinatissimo e deprimente suono di un violino che per quattro minuti ci coccolerà in eteree soluzioni atmosferiche prima dell'attacco frontale conclusivo che ci martorierà le orecchie per un altro minuto quando invece a fare la sua comparsa troveremo un altro drastico e repentino cambio di tempo. Suoni nord europei (chi ha detto Sarcasm?) si manifestano in "Miasma", un'epica cavalcata black che ricorda sicuramente anche i Windir ma che nel corso del brano, saprà palesarsi anche in modo più personale, con una ritmica stralunata, quasi di estrazione Blut Aus Nord. Il pezzo è tuttavia bello lungo e nei suoi 11 minuti avrà modo di investirci con le sue raggelanti melodie di scuola Dissection, prima di un folklorico break acustico e una successiva e più orchestrale porzione strumentale (quasi da colonna sonora) che conferma le eccellenti doti stilistiche del bravo Derrick. "Night Trek to Phoenix Mountain" è il pezzo più breve del lotto (quasi cinque minuti e mezzo) e forse anche quello più normale, vuoi anche la sua natura puramente strumentale, una sorta di ponte che ci condurrà al finale rappresentato da "And Meditate Through the Clouds", gli ultimi otto minuti e poco più, in compagnia del sound ricercato dei Voyage in Solitude. Credo sia un flauto quello che apre timidamente il pezzo, prima che la brezza chitarristica faccia il suo ingresso nella song, che meglio rappresenta la componente malinconica di Derrick, complice anche il tremolo picking delle chitarre e il suono (credo) di un violoncello che compensano la mancanza dell'ispirato screaming del frontman. Un peccato aver relegato la voce solo ad un paio di song, avrebbe meritato sicuramente più spazio. Alla fine, 'The Isle of Death and Rebirth' conferma quanto di buono avevamo già ascoltato in occasione del precedente lavoro; sono certo che se adeguatamente supportati, i Voyage in Solitude potrebbero regalare splendide perle in futuro. (Francesco Scarci)

lunedì 23 gennaio 2023

Sarcoptes - Prayers to Oblivion

#FOR FANS OF: Symph Death/Black
Founded in 2008 by Sean Zimmerman and Garrett Garvey, the Californian duo Sarcoptes has always taken its time to release new stuff, as we have enjoyed only two Eps and two full lengths in its 15 years of existence. Luckily, both the EP, and especially, the impressive debut album 'Songs and Dances of Death', were worth of our time. Not being a great fan of thrash metal influenced black metal, the debut effort took me by surprise with its absolutely tasteful mixture of purely black and thrash metal riffs, achieving an excellent merge of both genres. If this wouldn’t be enough, the band introduced symphonic elements through the whole album, not in an astonishing quantity, but very tastefully used and placed, creating a truly majestic album which definitively made me love it.

So, seven years after the aforementioned great debut, and after the quite interesting EP 'Plague Hymns', Sarcoptes returns with its sophomore album 'Prayers to Oblivion'. The second opus is always a crucial moment for every band. It might be the project’s milestone or should start questioning if the project was only a one-day success band. Thankfully, 'Prayers to Oblivion' proves to be the first case and confirms that Sarcoptes is definitely to stay with us, hopefully, for a long time. The previously mentioned EP gave us some clues about Sarcoptes evolution with this new album. If 'Plague Hymns' showed more ferocious and also intricated compositions with an amazing guitar work, 'Prayers to Oblivion' confirms this evolution with a collection of five songs, where there isn’t a single second which could be considered a filler. The more aggressive approach could let me think that the symphonic and epic touches of the first work could be gone or severely decreased, but fortunately this is not the case. Sarcoptes has managed to create and album full of blast-beasts, but without lacking the symphonic and atmospheric arrangements, and seriously elaborated compositions. There is room for straightforward aggression, and as well for truly majestic moments. In that sense, there is a great differentiation between the shorter tracks, "Spanish Flu" and "Tet", and the rest which are way longer. Nevertheless, this doesn’t mean that both short tracks lack of total variety and grandeur. But logically, a track like for example, "Spanish Flu", shows no mercy in terms of speed and pure brutality, where I would like to highlight the drums, which are absolutely smashing, remarkably with the hammering double-bass. As said, the shorter tracks show the most brutal face of Sarcoptes, although they keep the symphonic elements which is something I really appreciate. On the other hand, we have the longer compositions, and seriously, this is where Sarcoptes delivers the goods. As I always say, longer compositions can be risk because you need a certain degree of inspiration if you don’t want to create an unfinishable boresfest. But we don’t have to be worried about it in this magnificent album. From the extraordinary album opener, "The Trenches", Sarcoptes proves the amount of work they have put on this album. The production has been improved, everything sounds cleaner and especially more powerful. The debut’s sound was already very good in my opinion, but 'Prayers to Oblivion' proves that experience is always a key element. The song sounds crushing, and it is especially fast, with the mentioned devastating drums. The riffing is top-notch, excellently executed and varied. Pace wise, this composition reflects what the rest the album will give, relentless speed but never lacking variety in terms of tempo changes where it is needed. Don't expect boring monorhythmic compositions, but severely fast songs with enough changes to keep you absolutely hypnotized. As they did in their debut album, the key arrangements are very tastefully placed, never overshadowing the other instruments, but sounding equally loud, so you can appreciate and enjoy them. The arrangements add the majestic touch I love from this band and also have experienced an evolution or better said, an enrichment, as they sound more varied. Brutality meets epicness, and believe me, it really works. The third track "Dead Silence" follows similar patterns, being equally intense, majestic, and varied with a wonderful final part with all the epic feeling you could imagine. The album closer "Massacre at My Lai", has probably the longest section of all the album with a mid-tempo pace, which gives you some time to breath, but the intensity is increased till the song becomes a total apocalypse. Then, the song reaches its inevitable ending with a much more atmospheric and calmer final act. It’s like the pace you will find in a land devastated land by a hurricane. What an ending.

'Prayers to Oblivion' by Sarcoptes is definitively a tremendous sophomore album, an effort that should place them in the first line of the scene. Its incredibly well achieved mixture of speed, insane brutality, exquisite melodies, and excellent symphonic arrangements, deserves all the praise they should receive. (Alain González Artola)

(Transcending Obscurity Records - 2023)
Score: 90

lunedì 28 novembre 2022

Houle - S/t

#PER CHI AMA: Epic Black, Windir
New sensation da Parigi? Il quintetto di oggi risponde al nome Houle e arriva sulla scena con questo EP omonimo di debutto che segna la prima pietra miliare per la discografia dei nostri. Quattro pezzi black che sembrano pescare a piene mani dal black scandinavo con un sound tagliente ma altrettanto melodico. Il suono dei gabbiani apre l'iniziale "Le Continent", una traccia che parte in sordina, con un paio di giri di sei corde quasi a voler prendere confidenza con noi. Poi un'esplosione di chitarre epiche e sferzanti e quella voce graffiante della vocalist Adèle Adsa (alias Adsagsona) dotata di un piglio scream davvero notevole. Le chitarre scivolano via crudeli ma tutta la mia attenzione rimane focalizzata sull'ottima performance della frontwoman parigina che nel corso del brano avrà modo di palesare anche il suo cantato pulito e in growl. Il sound non sembra, almeno apparentemente, granchè originale, a parte essere ben suonato e coinvolgermi quanto basta per non indurmi a skippare al pezzo successivo. Il finale però è travolgente, tra cambi di tempo e di tonalità vocali, cosi come pure ci sta alla grande quel fantastico assolo conclusivo, scuola Windir, che accresce la mia curiosità verso i cinque musicisti. L'attenzione è catturata ora del tutto. Mi soffermo sui suoni delle onde che introducono "Au Loin la Tempête", e sulla forza d'urto a cui ci sottopongono i nostri subito dopo, cosi come pure alla stravaganza di suoni e soprattutto voci che mi fanno prendere le distanze da quel concetto di originalità espresso pco più in alto sugli Houle. La band ha buonissime idee e riesce qui a convogliarle in una direzione musicale più vicina a certi suoni di depressive black, coniugati ad un'epica componente che sembra costituire il marchio di fabbrica del combo transalpino. Sono sempre più curioso e la lunga "La Dernière Traversée" (il concept del disco è marino, se non fosse stato abbastanza chiaro) non fa altro che confermare le mie attese grazie ad una lunga intro di basso (una specie di "My Friend of Misery" dei Metallica) al quale farà seguito una devastante tempesta sonora tra le cui note si metterà nuovamente in mostra la teatralità insita nella voce di Adsagsona, vero punto di forza dell'act francese, in un brano dai lineamenti melo-black dei migliori interpreti della scena. Il brano si muoverà ancora tra chiaroscuri eleganti, break strumentali e splendide fughe chitarristiche che innalzano ulteriormente il livello qualitativo espresso dagli Houle. In chiusura, la belligerante "Sous l'Astre Noir" con il suo tremolo picking ad accompagnare la voce dell'ottima vocalist, sancisce verosimilmente che una nuova bestia oscura è pronta a prendersi la scena. A questo punto, confido di sentirne delle belle in futur non troppo lontano. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 78

https://ladlo.bandcamp.com/album/houle

giovedì 10 novembre 2022

Acédia - Fracture

#PER CHI AMA: Experimental Black
Dopo un silenzio perdurato sette anni dovuto a quanto pare a qualche assestamento di line-up, ecco ritornare i canadesi Acédia sotto l'egida della sempre più attenta Les Acteurs de l'Ombre Productions. La band originaria di Quebec City torna con il terzo album ed un sound totalmente dissonante sin dalle note introduttive della folle "La Fosse". Servirà tutta la vostra apertura mentale infatti per approcciarvi ad una proposta di per sè parecchio scorbutica, ma che verosimilmente potrebbe regalare grandi soddisfazioni. Perchè dico questo? Perchè dietro a quei giri di chitarra completamente disarmonici si nasconde un mondo estremamente ricercato e complicato da proporre. Certo bisogna entrare in sintonia con le modalità davvero astruse dei nostri che si esplicano attraverso un tremolo picking che mi ha immediatamente evocato i Windir di 'Arntor' in una schizofrenica ed epica galoppata black miscelata ad una più subdola musica classica, il tutto incorniciato dallo screaming efferato di Pascal Landry. Tutto chiaro quindi? Non proprio perchè come dicevo, la proposta degli Acédia non è proprio una passeggiata in riva al mare, direi piuttosto un trekking ad alta quota e con un dislivello di 1000 m, ma coraggio, so che ce la potete fare. In aiuto arriva infatti la seconda " Mont Obscur" che, per quanto mostri un incedere più compassato, regala comunque una proposta ostica e poco accessibile che assomiglia più ad un trapano atto a forare la vostra teca cranica con suoni tanto tecnici quanto insani e cervellotici. Di sicuro la band non si risparmia in fatto di ricerca di originalità, ma a volte la sensazione è quella di voler strafare, e ci sta anche, se solo poi si riesce a non deragliare del tutto dal seminato. Questo per dire che nel corso dell'ascolto delle altre tracce, tutte peraltro che si assestano tra i sei e gli otto minuti fatto salvo per la breve title track, i nostri giocano a rincorrersi con chitarre sghembe e al contempo virtuose (che mi hanno evocato peraltro i nostrani Laetitia in Holocaust), vocalizzi animaleschi tra il growl e lo scream, suoni glaciali dove la tecnica viene messa a servizio di una musicalità che fa del contorsionismo sonoro il proprio motto. E cosi una dopo l'altra - facile a dirsi ma non ad ascoltare - il trio canadese mette in fila la schizofrenica "L'Art de Pourrir", l'altrettanto spericolata "L'Inconnu" e la conclusiva e più controllata "Brûlure du Temps", che chiude un'opera ardimentosa, funambolica e complicata, che sottolinea quanto la band sia vogliosa di sorprendere i fan, prendendosi tutti i rischi del caso, di risultare alla fine ostici per la maggior parte degli ascoltatori. Detto questo, complimenti per il grande coraggio, non è da tutti. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 70

https://ladlo.bandcamp.com/album/fracture

giovedì 20 ottobre 2022

Voidfire - W Cienie

#PER CHI AMA: Post Black
Dalla più orientale delle città polacche, Bialystok, ecco arrivare i Voidfire, una band che, sebbene di recente formazione, vanta in seno ex membri di Devilish Impressions, Hermh e Dying Vision. Il quartetto ci investe col proprio black melodico e sette nuovi pezzi che seguono a distanza di due anni il positivissimo debut, 'Ogień Pustki'. Il disco si apre con "Nadejście" e, come potrete facilmente intuire dai titoli, i testi sono tutti in lingua madre, rivolti verso tematiche di sofferenza emozionale. Torniamo comunque all'opener che si presenta con larghi tratti strumentali e una bella ritmica grintosa affidata ad una forma di black che ammicca al post. La prima associazione che ho fatto durante l'ascolto di 'W Cienie' è stata con i conterranei Entropia (non quelli di Bialystok ma quelli di Oleśnica), ma tra le trame di chitarra e lo screaming del frontman, ci ritroviamo ad ascoltare anche un notevole quantitativo di melodia. Niente di cosi avvincente a dire il vero, tant'è che quando parte "Niepewność", questa risuona immediatamente più interessante e forse un pizzico più originale, tra ritmiche sghembe, accelerazioni stile "fast and furious" e una buona dose di frustrate alla batteria, accompagnata da una robusta base ritmica. La voce, bella maligna, poggia poi su un sound costantemente in progressione che trova in un bridge in tremolo picking, ampie porzioni melodiche, per poi cedere ad un finale rutilante. "Rozmycie" è più compassata nel suo incedere desolato; quello che colpisce semmai è una costante ricerca di cambi di tempo e la voce di Krzysztof "Virian" Sobczak, qui in formato sussurrato, prima che la stessa viri verso una timbrica più gracchiante. I brani rimangono di lunga, lunghissima durata (e penso ai 14 minuti di "Cienie Szaleństwa") con medie che si assestano oltre agli otto minuti (fatto salvo per l'intermezzo strumentale "Wrota"). "Odchodząc W..." parte sparatissima e farà altrettanto attraverso un black ferale dai tratti epici (chi ha detto Windir?), interrotto solo da un brevissimo break atmosferico. La già citata "Cienie Szaleństwa" ci attende con il suo bel malinconico arpeggio e ancora la voce sussurrata del vocalist, ma non fatevi infinocchiare anche voi, perchè il brano esploderà nuovamente in una corrosiva e acuminata forma di black metal che ci accompagnerà tra saliscendi ritmici (incluso un suggestivo frangente atmosferico verso il decimo minuto e finalmente un signor assolo di quasi tre minuti nel finale - da incrementare il numero di assoli nel prossimo lavoro) fino alle note finali di "Oczyszczenie", un outro acustica che chiude questo secondo capitolo targato Voidfire e che apre al sottoscritto una certa curiosità nell'andare a riscoprire l'album di debutto. Voi intanto dedicatevi a questo. (Francesco Scarci)

(Szataniec - 2022)
Voto: 72

venerdì 29 luglio 2022

Moonlight Sorcery - Piercing Through the Frozen Eternity

#PER CHI AMA: Symph Black
Era da un bel po' di tempo che non mi immergevo nei boschi finlandesi e in aiuto mi sono venuti i Moonlight Sorcery a catapultarmi nel loro sound devoto ad un power black sinfonico estremamente ricco di melodie. Dopo la classica intro che apre questo primo lavoro ufficiale per la band, intitolato 'Piercing Through the Frozen Eternity', ecco giungere "For Thy Light Is Ice" a raccontarci un po' di più del terzetto originario di Tampere. Sono inevitabilmente facili alcuni accostamenti che si possono fare alla band: ho pensato infatti ai Children of Bodom per il comparto tastieristico e quel ventaglio di soluzioni che oscillano dal power al black, con lo screaming di Ruttomieli comunque inossidabile e in primo piano. "Ice-Veiled Spell", il primo singolo della band, è un esempio di black rabbioso che strizza l'occhiolino ai Dissection e che di originale ha ben poco da offrire, ma d'altro canto, chi al giorno d'oggi riesce ancora ad offrire album dotati di personalità? Direi quasi nessuno. E allora lasciamoci andare alle belle aperture chitarristiche, alle ariose melodie, alle galoppate furenti, dove la batteria è l'elemento che stranamente mi convince di meno, con quel suo fin troppo eccessivo serratissimo incedere. Le chitarre invece continuano a volare anche nell'arrembante "Wolven Hour", heavy thrash black allo stato puro, che trova in brillantissimi cambi di tempo (e contestualmente anche di genere) il suo vero punto di forza, grazie ad un eccelso lavoro alla sei corde ma anche alle tastiere. La seconda metà del brano peraltro varrebbe il prezzo dell'acquisto del cd, grazie ad una serie sequenziale di stacchi e trovate varie, che stonano semplicemente per quel lavoro alle pelli che non mi dà pace, ed una voce che sembra evocare quasi quella di Dani Filth. In chiusura, "Hauta-alttari" per gli ultimi sei minuti all'insegna di un black mid-tempo portatore di quel gelido vento finlandese che per certi versi mi ha addirittura evocato un che dei Primordial. Tutto alla fine molto interessante, da sviluppare al più presto in un cd completo e meglio suonato nel comparto batteristico. (Francesco Scarci)

(Avantgarde Music - 2022)
Voto: 73
 

domenica 24 luglio 2022

Bergthron - Jagdheim

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Epic Black
Mini cd (tre canzoni) di black metal dal respiro epico. I testi sono in lingua tedesca. Nulla da eccepire in merito a questa scelta: è giusto che le nazioni difendano le proprie peculiarità linguistiche dalla marea montante dell'omologazione culturale. Nel libretto appare, in calce, un breve scritto intitolato "Il culto di Wotan". Venendo alla musica, cominciamo col dire che le canzoni dei Bergthron sono piuttosto lunghe, com'è consuetudine per molti gruppi black epici (pensate solo a Falkenbach e Graveland). Chi nutre predilezione e simpatia per il genere apprezzerà senz'altro le prime due canzoni, "Aus Edlem Blut" e "Im Weien Wald". La title track, invece, parte svantaggiata da un riff di chitarra alquanto discutibile (degno tutt’al più della musica rock radiofonica) e dalla malaugurata presenza di una voce gracchiante e sgraziata. Un semplice incidente di percorso?

(Perverted Taste – 2001)
Voto: 63

https://www.bergthron.de/index.php?route=common/home


domenica 13 marzo 2022

Archvile King - À La Ruine

#PER CHI AMA: Black/Thrash, Windir, Aura Noir
Della serie "quando non so cosa fare creo una one-man-band", ecco arrivare l'ennesima proposta dalla Francia con il classico polistrumentista a offrire la sua visione black del mondo. Lui si chiama Nicolas N. Baurus e arriva da Nantes con il suo progetto Archvile King, supportato dalla ormai super potenza Les Acteurs de l'Ombre Productions. 'À La Ruine' ci spara in faccia otto pezzi nudi e crudi che sembrano rievocare i fasti norvegesi della fiamma nera degli anni '90. Strana la scelta di aprire però con "Chroniques du Royaume Avili", un pezzo fuorviante dove figura la delicata voce di una gentil donzella, per poi lasciare spazio alla furia black di "Mangez Vos Morts" (incentrata sul tema della peste causata dalla perdizione morale del genere umano), sparata a tutta velocità su incandescenti e marcescenti linee di chitarra zanzarose che disegnano trame elementari piuttosto melodiche nel loro incedere travolgente. La cosa si ripete anche nella successiva "Celui Qui Vouvoie le Soleil", con un black thrash che certamente poco aggiunge al panorama odierno, ma che francamente trovo gradevole per le sue melodie ed un equilibrato uso di violenza e di una certa epicità. Magari le grim vocals del frontman non saranno il massimo ma il disco si lascia ascoltare con una certa facilità, complice anche qualche break acustico qua e là che ci consente il tempo di rifiatareo e rigettarci poi nella mischia. "Atroce" attacca con una certa placidità tra un riffing in sottofondo pronto ad esplodere dopo un minuto di attesa. Poi, solo furia estrema che in questo caso ammetto non mi abbia granchè conquistato. I ritmi continuano ad essere vertiginosi anche in "Dans la Forteresse du Roi des Vers" (interessante l'epico ma breve assolo in chiusura di scuola Windir) e, saltata la semiacustica e strumentale title track, anche nelle tumultuose (e dal piglio post-black) "Vêpre I" e "L'Artisan", altri due esempi di melodia messa a disposizione di una ferocia inaudita che pecca, a dire il vero, di carenza di originalità. Se i brani sin qui erano stati cantati in francese, c'è spazio anche per una bonus track in inglese, "Cheating the Hangman", un pezzo che a livello ritmico potrebbe essere accostabile ai Megadeth con lo screaming black, stile Aura Noir per intenderci. Insomma, in 'À La Ruine' sento buone idee (soprattutto nella prima metà del disco) che trovano però più di qualche limite in fatto di originalità, un tema su cui lavorerei maggiormente nel prossimo futuro per evitare di essere risucchiati in quel vortice infinito di band che propongono un canovaccio più o meno simile. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 66

https://archvileking.bandcamp.com/album/la-ruine

giovedì 27 gennaio 2022

Borknagar - Winter Thrice

#PER CHI AMA: Epic Black/Viking
Surprised I didn't get around to this sooner, I suppose it was a pause in retrospect thinking that it's already been covered. For whatever reason, here we have an almost flawless release that covers three genres all into one. But I think it's important to say that despite this, the music itself speaks for itself. What a varying degree of metal that ignites the speakers with bleeding metal though with varying degrees of intensity. They fluctuate rapidly mixing in those genres all up unto one. It's really noble that they've been able to do this! The vocals compliment the music perfectly. They go from shouting to clean it's rather (on clean) like Falconer.

It's strange that 'Winter Thrice' is actually the first LP I've heard from this band despite their extended discography. And I'm keen on hearing more newer material from them. Quite a unique album and quite a unique band. The ability to mesh three genres and on here it is quite evident because of the time signature changes. Some fast tempos that are accompanied by yelling lyrics indicates their black metal portion. The slower tempos and clean vocals indicate more of folk/Viking segments. The clean vocals remind me of Matthias from Falconer, though he has his own style being a native of Sweden.

I enjoyed the music quite immensely there were no songs that I thought weren't worthy of looking forward to. They all in their own way in metal struck me like I've never head before in sounds. Really unique. I didn't go by any song halfway through they all were played through and sufficiently played out. I thought that the musicianship was phenomenal. As I say, I'm looking forward to the new material. But this one was way worth it's weight in gold. These guys know how to juggle genres and the tempo changes really illustrates that in sounds. What a great album and knowing that they're still active is great.

The sound quality on here is awesome. You can hear everything equally and when one song ends, it's a matter of looking forward to the next then also the next after that, so forth. This album is available to hear on YouTube or Spotify. It's worth getting the physical CD, but if not, it's still good to take a listen in any streaming services see if you like it. I thought it was a little odd at first because of the time signature changes but as I heard more and more, the greater I liked it! I'd pick any of these songs as a sample about what to expect on the LP, but any of them are worth checking out and admiring. Take a listen! (Death8699)


(Century Media Records - 2016)
Score: 82

https://www.facebook.com/borknagarofficial

venerdì 24 dicembre 2021

Anthropolatri - V Svete Kostrov

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Epic
Ecco a voi un duo di ucraini panslavisti... I nostri eroi Lazar e Vogneslav dedicano il loro album "all'orgoglio del popolo serbo", e non dimenticano di salutare nel booklet "tutti i fratelli di sangue di Ucraina, Russia, Bielorussia, Serbia, Bulgaria, Polonia, Rep.Ceca, Slovacchia, Moravia, Macedonia, Slovenia, Bosnia" e chi più ne ha più ne metta. Stranamente le dediche sono in lingua inglese, tutto il resto è in ucraino: curioso no? C'è da segnalare una collaborazione alle tastiere da parte di Saturious (Nokturnal Mortum). Il genere praticato dal duo panslavista è un black metal che ha nelle vocals, gracchianti e di quando in quando davvero stonate, il suo limite principale. Tuttavia liquidare sbrigativamente questo album sarebbe ingiusto: le atmosfere che vi si respirano sanno essere, talvolta, piuttosto suggestive. Il pezzo migliore dell'album è senza ombra di dubbio quello d'apertura: puro folklore ucraino senza alcuna componente metal. Da ascoltare. Le rimanenti sette canzoni si collocano sul versante del black metal con venature epiche.

(Beverina Productions - 1999/2018)
Voto: 65

https://beverina.bandcamp.com/album/anthropolatri-tape-1999