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giovedì 2 marzo 2023

Enslaved - Ruun

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black Progressive
Devo ammettere di non essere mai stato un grandissimo fan della band norvegese, ma dopo la svolta di 'Monumension', iniziai ad apprezzare enormemente il sound di Grutle e soci, aspettando ogni anno l’uscita dell’ennesimo piccolo gioiellino. In attesa dell'imminentissima uscita di 'Heimdal' (domani) andiamo a riscoprire un’altra prestazione maiuscola per la band norvegese, 'Ruun'. A differenza del precedente 'Isa', i nostri sfoderano un album leggermente più accessibile, grazie ad un ammorbidimento dei suoni e ad una ricerca ancora più raffinata di atmosfere progressive e sperimentali. "Path to Vanir" potrebbe tranquillamente essere l’emblema di questo nuovo capitolo firmato Enslaved: ritmiche rockeggianti su cui s’inseriscono i cori da brivido di Grutle, l’hammond dal deciso sapore seventies, atmosferici inserti che non possono non ricordare i Pink Floyd, evocativo. "Fusion of Sense and Earth" è già una song molto più aggressiva: ruvide chitarre sorrette da una ritmica incisiva e dalla vetriolica voce di Mr. Kjellson, mostrano di che pasta sono fatti i nostri, per poi abbandonarsi ad un finale travolgente grazie ad un bellissimo assolo. Da un bel po' si dice che il combo nordico non è più assimilabile al black metal, quella forma di viking che inventarono quasi 30 anni fa con quel capolavoro intitolato 'Vikingligr Veldi'. Gli Enslaved da un bel po' sono più vicini a sonorità progressive sia per genere proposto che per la eccellente perizia tecnica. Ogni song è un viaggio in un mondo parallelo, una caleidoscopica cavalcata attraverso giochi di luci e ombre che portano ad abbandonarmi alla mercè di questo meraviglioso album. 'Ruun' rappresenta la giusta consacrazione di una band che fin dagli esordi ha mostrato una propria personalità ben definita ed originale. La title track, richiamando i suoni di 'Isa', conferma il fatto che comunque l’act nordico non abbia tralasciato i suoni del passato: sette minuti di musica dai contorni epici, miscelati alla perfezione con il sound ispirato e psichedelico che abbiamo avuto modo di ascoltare in questi ultimi anni. "Tides of Chaos" ha un sapore più doom oriented con le sue pesanti e lente chitarre, le clean vocals corali contrapposte allo screaming tagliente di Grutle, ma ciò che comunque gioca un ruolo determinante in tutto il disco è il lavoro egregio fatto alle tastiere, mai in primissimo piano, ma fondamentali per la totale riuscita dell’album. Il disco si chiude con tre pezzi entusiasmanti: la malinconica "Essence", un eloquente dipinto del magnifico paesaggio nordico; "Api-vat", la song più metal dell’intero lavoro e "Heir to the Cosmic Seed" altro esempio di come si possa fare musica intelligente mantenendo invariata l’aggressività di fondo. Ottime melodie su dissonanti riff glaciali, atmosfere progressive, eccellenti vocals e brillanti assoli, rendono 'Ruun' un grande album da far vostro ad ogni costo. Consigliato a tutti gli amanti del metal, dal prog al death, passando per il black, il thrash o l’epic. Il più classico "Buy or Die"! (Francesco Scarci)

(Tabu Recordings - 2006)
Voto: 85

https://enslaved.no/

domenica 15 gennaio 2012

Enslaved - Vertebrae

#PER CHI AMA: Death Black Avantgarde
L’esplorazione musicale fa parte del DNA di uno dei gruppi storici della scena black norvegese, gli Enslaved. Nati come una black metal band, il quintetto nordico, ha saputo evolvere il proprio sound attraverso un percorso stilistico senza precedenti, miscelando prima il black al viking e poi volgendo la fiamma nera verso sonorità progressive, che hanno contribuito a definirli i “Pink Floyd dell’estremo”. E cosi, ci troviamo finalmente tra le mani questo “Vertebrae”, che riprende sostanzialmente il discorso iniziato in “Monumensium” (l’album a cui s’ispira maggiormente questa nuova release) e poi proseguito brillantemente, attraverso i vari “Below the Lights”, “Isa” e “Ruun”, che tra l’altro portò alla vittoria la band, nei Grammy Awards norvegesi. “Vertebrae” non rinnega le radici black dell’act scandinavo (soprattutto nell’uso delle vocals più ruvide che si alternano alle clean vocals), ma è un viaggio psichedelico, in cui i nostri ci accompagnano alla scoperta di sonorità sempre più sperimentali, tenendo come punto di riferimento gli epocali Pink Floyd (meravigliosa “Ground”, con quel rifferama che ricalca lo stile di Dave Gilmour e soci e con quel nostalgico apporto dell’hammond che ci catapulta direttamente negli anni ‘70), arricchendo inoltre il proprio bagaglio stilistico, di una componente alternativa, che ci riporta alla mente i Tool. L’atmosfera che si respira in questa nuova release (la decima per la band) è cupa e angosciante, secondo me grazie al lavoro alla consolle di Joe Barresi (Tool e Queens of the Stone Age), in grado di enfatizzare il lato più malinconico del combo norvegese. Non mancano le sfuriate estreme, basti ascoltare la quinta traccia “New Dawn”, vera e propria cavalcata nei meandri del black metal, interrotta soltanto dai vocalizzi cibernetici di Grutle. La cover artwork visualizza il concept lirico di “Vertebrae”: una vertebra nel mezzo della copertina che simbolizza la potenziale forza dell’umanità e al tempo stesso il proprio fragile centro nevralgico; le vene che dipartono da qui, rappresentano poi la connessione tra mente e carne. Insomma, ennesima brillante uscita per i poliedrici Enslaved, che inanellano un successo dopo l’altro, proponendo un suono avanguardistico, che non potrà non piacere né ai fan dell’ultima ora, né ai vecchi black supporter della band, né a chi col black metal ha ben poco da spartire. Eclettici! (Francesco Scarci)

(Indie Recordings)
Voto: 80