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martedì 27 settembre 2016

Pénitence Onirique - V.I.T.R.I.O.L

#PER CHI AMA: Black Atmosferico, Limbonic Art
Che la parabola musica francese sia in grande ascesa, lo diciamo da tempo e non lo scopriamo di certo oggi. Quello che sorprende è che già dai debut album delle band transalpine, possiamo parlare di miracoli, grandi lavori, musiche ispiratissime od originali e quindi bisogna tributare a queste realtà, l'onore di avere idee chiare e buone fin dagli esordi e all'etichette francesi di puntare sempre sui talenti di casa propria, insomma tutto quello che manca in casa nostra sia nel calcio che nella musica. Gli ultimi arrivati in casa Emanations/Les Acteurs de l'Ombre Productions, sono questi blacksters in erba, che rispondono al nome di Pénitence Onirique, che rilasciano il loro debut intitolato 'V.I.T.R.I.O.L' (qui però mi permetto di fare un appunto su un titolo cosi abusato, Absu o Terra Tenebrosa, per citare le prime due band che mi vengono in mente). Il sound proposto dalla band di Chartres è, come si evince dalle mie parole, un black dinamico, ricco di atmosfere e melodie. "L'Ame Sur les Pavés" è l'opener del disco che palesa nei suoi oltre otto minuti le caratteristiche essenziali del duo formato da Bellovesos (tutti gli strumenti) e Diviciacos (vocals): suoni scarni, tiratissimi, oscuri ma sicuramente carichi in fatto di melodie e ambientazioni, per un risultato che li avvicina a quello di 'In Abhorrence Dementia' dei Limbonic Art, in una commistione tra black lacerante e magiche orchestrazioni, confermate lungo le infinite cinque tracce (tutte tra i 9 e gli 11 minuti) che compongono il cd. "Le Soufre", "Le Sel", la title track, fino alla conclusiva "Carapace de Fantasme Vide" saranno in grado di sommergerci con ritmiche serrate, corredate da blast beat ipersonici, vocals taglienti ma abbastanza risicate nella loro performance, questo per dar maggior spazio ad una musicalità a tratti psichedelica, epica ma comunque sempre evocativa. I testi poi, tutte in lingua madre, trattano tematiche metafisiche, occulte, legate alla vita e alla morte, anche se la mia scarsa conoscenza del francese, non aiuta granché nella lettura e interpretazione dei testi. Quello che stupisce è comunque una maturità già consolidata nel sound dei nostri, capace di mostrare una forte vena malinconica nelle chitarre in tremolo picking, in quelle urla sofferenti o in quei desolati paesaggi dipinti dalla musica dei Pénitence Onirique, che si possono scorgere in "Le Sel" o nella decadente title track che seguirà da li a poco, un'altra arrembante cavalcata di black epico e sanguigno, che avrà modo di dischiudere tremebonde trame doom. Alla fine 'V.I.T.R.I.O.L' è un lavoro davvero buono che, pur non offrendo nulla di particolarmente rivoluzionario, trova modo di offrire una più moderna interpretazione di quelli che furono grandi classici del passato, quali Limbonic Art e primi Emperor, in un maestoso approccio esoterico. (Francesco Scarci)

sabato 3 settembre 2016

Spectrale/Heir/In Cauda Venenum - Split Cd

#PER CHI AMA: Black Sperimentale
Agosto 2016, Francia, manco a farlo apposta. Tre manifestazioni musicali completamente differenti che si palesano nello split album edito dalla Emanations Productions, la divisione ancor più "underground" della Les Acteurs de l'Ombre Productions. La prima, gli Spectrale, side project di Jeff Grimal (chitarra e voce dei The Great Old Ones, qui supportato da Jean-Baptiste Poujol), autori qui di tre pezzi, l'opener "Sagittarius A", "Al Ashfar" e "Crepuscule", sorte di eterei intermezzi ambient, coadiuvati da una spettacolare chitarra acustica in un ipnotico trip strumentale. I secondi, i black thrasher Heir, anch'essi autori di tre pezzi, "Descent", "Upon the Masses" e la conclusiva "Sectarism", in una proposta oscura, malata e mefitica, grazie a quella commistione di black, sludge e thrash, carico pure di una certa dissonanza a livello delle linee di chitarra, che talvolta si lanciano in galoppate dal vago sapore punkeggiante che rendono la proposta del combo di Tolosa, variopinta, muovendosi in tetri meandri della musica estrema, non disdegnando pure tenue parti atmosferiche come nei quasi dieci minuti di "Upon the Masses" o nell'ultima traccia, in cui il quintetto transalpino la alterna ad un furioso e malinconico black metal, grazie a l'utilizzo delle chitarre in tremolo picking. Ho tenuto l'analisi degli In Cauda Venenum in ultima istanza perché oltre a palesarsi per terzi, e probabilmente essere i più talentuosi del trio di gruppi, si sono rivelati anche i più originali, proponendo qui un'unica song, “Laura Palmer, Agonie à Twin Peaks”, una lunga traccia di oltre 14 minuti che ci riconsegna quel mood noir surreale tipico della serie di David Lynch. Cosi, lungo l'evolversi del brano, il terzetto di Lione, arricchitosi peraltro di un violoncellista, ha modo di proporre il tema del film (scritto dal compositore italo-americano Angelo Badalamenti), rivisto e offerto in un contesto che abbina black metal, orchestrazioni da paura, atmosfere horror. Una vera gemma post black, che a mio avviso rende questo split album davvero interessante. Non me ne vogliano le altre due band, ma avevo già citato gli In Cauda Venenum, al tempo della recensione del loro debut album, come potenziale crack futuro e qui ne ho avuto la conferma. (Francesco Scarci)

(Emanations Productions - 2016)
Voto: 75

sabato 12 marzo 2016

Barús - S/t

#PER CHI AMA: Black/Techno Death, Meshuggah, Aevangelist, Gorguts
Che la Francia sia in fibrillazione non lo scopriamo certo oggi. In ogni angolo del paese transalpino spuntano come funghi, brillanti realtà musicali che provano ad emulare gli act più famosi che si sono fatti strada nella scena estrema mondiale. Dalle Alpi francesi e da Grenoble per l'esattezza, ecco arrivare i Barús, supportati dalla Emanations, sublabel della Les Acteurs de l'Ombre Productions. Il quintetto, che conta tra le sue fila anche un paio di membri dei Maïeutiste, aggredisce con un death metal iper tecnico che ha tra i suoi riferimenti quasi inevitabilmente i Meshuggah. Tuttavia l'approccio dei Barús appare più violento dei colleghi svedesi, con delle ritmiche davvero spaventose e altrettanto sghembe. Il muro sonoro che si mostrerà davanti a voi in "Tarot" è un qualcosa davvero difficile da scalare, sembra quasi non vedersi la fine. Le chitarre macinano riff vertiginosi mentre il vocalist si prodiga nell'offrire demoniache vocals in cui growling e screaming si sovrappongono spaventosamente mentre il batterista si diletta in una prova da urlo dietro le pelli. Che serva una grande tecnica per proporre un genere cosi difficile è ben chiaro, ma qui siamo palesemente di fronte a dei musicisti davvero bravi. D'altro canto proporre un genere che chiama in causa i gods scandinavi ma anche le disturbanti visioni di Aevangelist o Portal, rilette in chiave meno claustrofobica, non è certo qualcosa che si possono proporre tutti di fare. "Disillusions" è forse un pezzo più classico, che colpisce però per un cantato il cui growling suggestiona per la veste più spettrale che assume nel corso del brano ma anche per un breve ma notevole approccio pulito. Il sound dei Barús si muove invasato tra stop'n go, parti arpeggiate, momenti di quiete e caos totale, in variazioni di ritmo spaventose. Questa particolarità rende ovviamente la proposta dei nostri di non cosi facile approccio, soprattutto alla luce di una musica che continua a variare nei seppur brevi 23 minuti di questo EP. "Chalice" è un angosciante pezzo marziale che cattura e ipnotizza per la ridondanza delle sue ritmiche capaci di scardinare i confini della musica estrema andando oltre, conducendoci ai limiti della follia umana. I Barús sono dei folli, ora mi è più chiaro e il riffing iniziale di "Cherub", che evoca nella mia memoria gli Akercocke, me lo conferma. Il sound è decisamente lugubre, con schizoidi cambi di tempo che chiamano in causa ancora Gorguts e Mithras, a completare il quadro di psicosi che affligge questi cinque francesi. Questo è decisamente un disco di pregevolissima fattura ma dall'ostico impatto. Mi raccomando ora, usatelo con estrema cautela. (Francesco Scarci)

(Emanations - 2016)
Voto: 75

sabato 23 gennaio 2016

Lifestream - Post Ecstatic Experience

#PER CHI AMA: Black Atmosferico, Emperor, Dissection
Ancora Francia, ancora Les Acteurs De l’Ombre Productions, nella sublabel Emanations, ancora black metal di classe, questa volta con i malatissimi Lifestream e un sound oscuro come la pece, che non fa prigionieri. Una tempesta di metallo nero che si abbatte sulle nostre teste attraverso nove pezzi che, pur non inventando nulla, colpiscono per quell'insana melodia che i cinque musicisti di Bordeaux sono riusciti a creare e infondere con questo 'Post Ecstatic Experience'. Dicevo nove pezzi per la versione in cd, nella tape ne troverete invece sette. Il disco apre con la mefitica e breve "Introspective Maze" che prepara a "An Unfathomable Dereliction" che irrompe a gamba tesa con un riffing serrato contrappuntato da ottime melodie che potrebbero evocare i fasti di un passato glorioso dello Swedish black dei Dissection unito all'intransigente sound di Deathspell Omega o le estranianti melodie dei Blut Aus Nord. In Francia il black è di casa e ha ormai soppiantato quelle nazioni nordiche che hanno dato le regali origini al genere. I Lifestream sono l'ennesima band partorita dai cugini transalpini, che propongono una nuova rilettura di una musica che non ne vuol sapere di passar di moda. Non stupitevi quindi delle fosche melodie di "Lifeless Solace" che rievocano gli Emperor nelle loro parti più atmosferiche. I cinque galletti sanno quello che fanno e lo fanno davvero bene, segno che la LADLO Productions ha avuto ancora una volta l'occhio lungo. "Parasite Glory" è un pezzo che unisce saggiamente la violenza del black con alcune partiture heavy, e un vocalist che offre una componente vocale più improntata al growl che allo screaming. Gli spettri del sound scandinavo dei primi Dimmu Borgir, di Samoth e compagni, e tutta la combriccola inclusa nella seconda ondata black di metà anni novanta, rivive in questa traccia, in cui rallentamenti doom e suggestioni horror, la identificano come la mia song preferita del disco, soprattutto considerati i suoi lunghi 10 minuti di durata. Se "Celestial Scourge Subjugation" strizza l'occhiolino ai Ved Buense Ende per le sue disarmoniche chitarre, "Sad Thoughts Overdose" colpisce per il malinconico feeling sprigionato dalle sue ancestrali melodie. Il disco scivola via offrendo una certa fierezza nei suoni, interessanti partiture corali, plumbee parti atmosferiche, ipnotiche ritmiche serrate (nella lunga e tortuosa "Two Faces") e talvolta malinconici riff di chitarra a suggellare un'altra bella uscita discografica da parte dei nostri vicini francesi, intelligenti peraltro nel puntare sempre sulle band di casa propria. Lo capissimo anche noi in Italia, e non vedremo certo le nostre più talentuose band migrare verso le grosse etichette indipendenti. Gran bell'album comunque 'Post Ecstatic Experience', la cui unica pecca potrebbe essere identificata nella sua eccessiva durata che va oltre l'ora di musica. (Francesco Scarci)

domenica 24 maggio 2015

In Cauda Venenum - S/t

#PER CHI AMA: Post Black Progressive, The Great Old Ones
La Les Acteurse de l'Ombre Productions ha dato il via a una nuova sottoetichetta, la Emanations, con la quale diffondere, in edizione limitata (digicd o tape, e prossimamente anche in vinile), le release delle band emergenti estreme più interessanti. Iniziamo col conoscere gli In Cauda Venenum, duo francese dedito ad un ferale e apocalittico post black. Due le tracce contenute nei quaranta minuti abbondanti di questo lavoro, che esordisce con "Alpha", song dall'intro ambient/noise volto a rendere più trepidante l'attesa per la musica che andrà a sprigionarsi da qui a breve. La tensione va via via aumentando per diversi istanti, prima che divampi la violenza dei nostri, a materializzarsi attraverso ritmiche intense e screaming vocals demoniache, stemperate tuttavia, spesso e volentieri, da frangenti atmosferici e break melodici. L'elemento cardine su cui poggia il sound dei nostri è un black metal sostenuto, a tratti dai contorni infernali, che tuttavia mette in mostra anche una certa abilità da parte del duo transalpino, nel sapere miscelare una certa veemenza sorretta da blast beat isterici, con eterei sprazzi post rock, rendendo la proposta dell'ensemble di Lyon, assai accattivante. La traccia viaggia comunque sui binari di una certa alternanza tra ritmi infuocati e pause più ragionate in cui emergono le influenze più disparate, dal progressive al doom ossessivo, dal black cascadiano fino a lambire i confini del rock, anche quando verso fine brano, irrompe addirittura un assolo, merce rara da queste parti. La seconda canzone, "Omega", inizia ancora con melliflui attimi di quiete che vanno irrobustendosi quando le chitarre elettriche squarciano l'etere e infiammano l'aria con bordate velenose, urla ferine e ritmi punk. Poi ancora un melodico assolo e cascate di note in tremolo picking, scardinano il concetto di black metal classico, incanalando la proposta degli In Cauda Venenum verso sonorità ancor più personali, intimiste e liturgiche, pur mantenendo intatto uno spirito indomito e battagliero, per un finale a larghi tratti malinconico. Se il buon giorno si vede dal mattino, sentiremo parlare parecchio degli In Cauda Venenum in futuro. Bravi. (Francesco Scarci)

(LADLO Prod/Emanations - 2015)
Voto: 75