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martedì 26 agosto 2014

Dread Sovereign - All Hell's Martyrs

#PER CHI AMA: Doom, primi Cathedral, Candlemass
Continua la mia ricerca estiva di nuove new sensation da poter segnalare ai lettori del Pozzo dei Dannati. Oggi mi soffermo su una band che in pochi minuti è riuscita a catturare la mia attenzione e spingermi alla recensione. Sto parlando dei Dread Sovereign (side project dei Primordial) e alle 10 tracce contenute in 'All Hell's Martyrs'. Dopo un intro in cui mi è sembrato di udire i Pink Floyd (ma forse me lo sono solo sognato), ecco che faccio conoscenza dei nostri con “Thirteen Clergy”, song heavy doom che mostra, come a quasi vent'anni di distanza da 'Tales of Creation' dei Candlemass, sia ancora possibile proporre una forma abbastanza originale del genere. Detto dell'incedere doom dei nostri, mi soffermerei sulla performance del vocalist, Alan Nemtheanga leader dei Primordial, a proprio agio sia su tonalità alte che su quelle medie; notevoli le linee di chitarra a cura di Bones dei Wizards of Firetop Mountain, abile nel costruire atmosfere horror, ma notevole anche in fase di solo. La prova dei Dread Sovereign è già molto convincente e con la successiva “Chtulu Opiate Haze”, prospetta di essere ancora meglio. Le ambientazioni spennellate puzzano di zolfo, con la musica dei nostri che si assesta su tempi medio bassi e che acquisisce una certa epicità grazie a una componente vocale più cattiva che emula quella della band madre, esaltandone il risultato conclusivo. L'incedere è lento, il sound funereo, le chitarre fanno egregiamente il loro lavoro e il disco non può passare inosservato, anzi non deve. Vibranti, emozionanti, magnetici ed epici, ecco poche parole che in breve potrebbero descrivere la musica dei Dread Sovreign. “Pray to the Devil in Man” è un pezzo dal flavour epico che ancora a livello ritmico prende come riferimento i gods irlandesi, con le vocals che si muovono verso lidi d'avanguardia a la Arcturus, alternato a un growl più torbido. Si prosegue con la liturgica “Scourging Iron” e l'ensemble convince sempre di più, con un suono assestato su un mid-tempo, in cui inevitabilmente il ruolo di protagonista è assunto dall'ottimo vocalist irlandese e dalle favolose linee di chitarra che sciorinano riffs da favola (pensate a 'The Ethereal Mirrors' dei Cathedral) e mi inducono a pensare: questo è rock! Non aggiungo altro, inutile soffermarsi anche sulla malinconica e lunghissima “We Wield the Spear of Longinus” o sulla conclusiva title track, altre due gemme di notevole spessore di questo sorprendente lavoro. Da avere! (Francesco Scarci)

(Vàn Records - 2014)
Voto: 80