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giovedì 27 giugno 2013

Deuil - Acceptance / Rebuild

#PER CHI AMA: Blackgaze/Drone, Altar of Plagues
Una busta enigmatica su cui si staglia una corona di spine; all'interno un minimalistico booklet di due pagine, nere. E un cd. Le sue sembianze sembrano quelle di un 45 giri degli anni '70. Due pezzi, "Acceptance" e "Rebuild", che danno appunto il titolo a questo EP di 30 minuti di black oscuro, disperato e malato, partorito dalle menti del trio belga dei Deuil. La musica infine: si presenta ritualistica fin dai primi canti e accordi della prima lunghissima traccia. Palesemente sporcata di influssi drone e sludge, il suo incedere si presenta marziale, mefitico e melmoso, la giusta colonna sonora per un funerale, si il mio. Angosciante. Altre parole non sono spendibili per dare la giusta descrizione del feeling asfissiante emanato da questi due pezzi. "Acceptance" è davvero dura da digerire: il sound mortifero preme forte sul mio sterno, penetrandomi nell'anima, insinuandomi un cosi forte stato di malessere ed insicurezza, da indurmi a prendere una pausa dopo i suoi primi otto cupi minuti di lacerante e desolante disperazione. Il riverbero ridondante delle sue onde, penetrano nella mia mente, la destabilizzano, ma vengo inaspettatamente soverchiato dal feroce parossismo delle sue chitarre che ne squarciano e dilatano il suono, con le gracchianti vocals di Renaud a vomitare l'odio verso l'umanità. Il risultato è apprezzabilissimo, con il mood dei nostri tipicamente marciscente, quasi fetido e asfittico. Un senso di paura crescente pervade i miei sensi, le chitarre sono sature quasi ipertrofiche, anche quando rallentano vertiginosamente, e sembrano voler presagire la classica "quiete prima della tempesta", che tuttavia tarda ad arrivare, perché nel frattempo sono già entrato nell'ascolto dei dieci minuti di "Rebuild". Altra song che si apre con canti ritualistici, un po' il trademark dei nostri. E la musica ricalca quella della traccia d'apertura: un blackgaze plumbeo, la colonna sonora di un inutile giorno di novembre, in cui la pioggia sbatte fastidiosa contro le finestre e io resto a scrutare l'infinito, sommerso dai miei pensieri negativi. Funerei! (Francesco Scarci)