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martedì 29 agosto 2017

Perseus - A Tale Whispered in the Night

#PER CHI AMA: Heavy/Power
Il redivivo Icarus Lizard vivacchia da qualche tempo dilaniato dalla noia all'interno di uno scomodissimo specchio incantato. Poi un bel giorno non si fa sfuggire l'occasione di possedere il corpo del giovane Nathan e, zac, da lì dentro, costituire un esercito di miliziani pronto a combattere le forze delle tenebre capitanate da Rasoio Scuro. Il secondo capitolo della saga del Dr. Icarus Lazard orchestrato dai brindisini Perseus, rivoluziona il concetto stesso di concept, scorporandone una volta per tutte l'uso del cervello. Ma il power-metal è fatto innanzitutto di muscoli, e i muscoli certamente non mancano in questa power-epopea ultra-ortodossa caratterizzata da accelerazioni quasi-speed ("The Diary", "Deceiver"), epic-ballads ("Dying Everytime" e "Rain is Falling") e stratificazioni sinfoniche di matrice italo-scandinava ("I'm the Chosen One"). Ascoltatevi questo disco vestendo all-black-leather spaparanzati su una spiaggia del Salento brindisino durante un soleggiato pomeriggio. Entro sera capirete a vostre spese come mai da quelle parti tira soprattutto il sound system. (Alberto Calorosi)

(Buil2kill Records - 2016)
Voto: 65

https://www.facebook.com/PerseusPowerMetalBand

mercoledì 21 giugno 2017

Alchimia - Musa

#PER CHI AMA: Gothic/Doom, Novembre
La scena italica si arricchisce di un'altra vibrante realtà, gli Alchimia, che per vena artistica gothic dark doom, potrebbe accostarsi a Novembre, Plateau Sigma e Artic Plateau. Tralasciando che tra i numerosi ospiti che popolano questo disco ci siano proprio membri di alcune di queste band, appare lampante, sin dall'incipit "Orizzonte", quanto abbiano inciso proprio le influenze dei Novembre nell'architettura musicale dell'act campano. Emanuele Tito, il mastermind che sta dietro agli Alchimia, deve aver amato alla follia album come 'Novembrine Waltz' e 'Materia' e come dargli torto d'altro canto. Si tratta di dischi che penso di aver consumato a suo tempo e che ora sento riecheggiare nei solchi di questo album. Sebbene l'essenza derivativa, 'Musa' è un lavoro che francamente mi piace parecchio, mi permette di chiudere gli occhi e lasciarmi trascinare da sonorità delicate, suadenti, avvolgenti e tremendamente calde, coadiuvate dalla bella voce di Emanuele, una sorta di Carmelo Orlando in versione quasi costantemente pulita. E cosi il flusso malinconico percorre brani assai riusciti come "Lost" o "My Own Sea", con altri in cui lo strizzare l'occhiolino ai Novembre diviene quasi scopiazzamento e penso a tal proposito al chorus di "Exsurge et Vive (Alchemical Door)" che richiama palesemente 'Everasia' del già citato 'Novembrine Waltz' o il break acustico+voce di "My Own Sea" che ricorda non so quale altra canzone dell'infinita discografia della band romana. Poco importa, non so qui a fare il processo alla band, ma semplicemente a riportare pregi e difetti di una release che vede comunque interessantissimi picchi: la flamencheggiante “Whisper Of The Land” è una breve traccia che introduce a quella che è forse la song più bella del disco, "Waltz of the Sea", una song che miscela il sapore folklorico della tradizione partenopea con suoni tipicamente mediterranei, in una trama musicale soffusa e assai melodica. In "Leaves" ecco apparire i vocalizzi growl del cantante, e qualche riffone più death doom oriented, retaggio non ancora dissoluto del passato del musicista sorrentino che comunque trova modo di imbastire anche qui melodici break acustici, vero punto di forza di 'Musa'. Un altro pezzo interlocutorio e arriviamo alle conclusive "The Fallen One" e "Assenza (Memory)". La prima forse è il pezzo meno riuscito del disco, anche se la sua chitarra spettrale incunea il suo riff nella mia testa. L'ultimo brano invece mostra il bel basso di Fabio Fraschini in sottofondo con tutto l'armamentario ritmico completato da Gianluca Divirgilio alla chitarra e David Folchitto dietro alle pelli a congedarsi con l'ultima avvincente melodia di questo interessantissimo album ispirante, 'Musa' appunto. Bravi, ma ora cerchiamo di affrancarci dai grandi classici. (Francesco Scarci)

(Buil2Kill Records/Nadir Music - 2017)
Voto: 75

https://www.facebook.com/alchimia0/

mercoledì 25 settembre 2013

RuinThrone - Urban Ubris

#PER CHI AMA: Power Metal
Dal cilindro del dio del power-progressive-epic-fantasy-cyberpunk-superspadaaduemaniefucilelaser e chi più ne ha più ne metta, sbucano questi italianissimi (romani) Ruinthrone, al loro debutto con il loro primo full-lenght intitolato "Urban Ubris". Velocità, giusto groove, generosi assoli e tante belle mitragliate di chitarra praticamente in ogni pezzo, batteria precisa, tappeto sonoro di tastiera equilibrato e mai stucchevole (a ritagliarsi giusti spazi nell’opening di alcuni pezzi, per esempio), con tanto di ballata finale in stile “bardi moderni”. Fin qui note positive insomma. Va però detto anche quello che, alle orecchie di chi ascolta, risulta meno gradevole ed in particolare è la voce a non rendere al meglio nell’insieme, dando prova di adattarsi adeguatamente e risultando più espressiva nelle parti pulite, ma con un netto calo di resa laddove emerge la voglia di sporcarsi: nelle influenze della band troviamo, tra i vari, Blind Guardian e Symphony X e, non me ne voglia il volenteroso cantante, ma c’è ancora un po’ di strada da percorrere prima di destreggiarsi con assoluta noncuranza tra clean e harsh vocals. Nel complesso il disco scorre via abbastanza velocemente, senza grossi cali di tensione, ma senza far gridare al miracolo e questo, a parere di di scrive, è da attribuirsi soltanto alla scelta del genere proposto, già da parecchio tempo densamente popolato e quindi saturo di soluzioni prese, girate e rigirate in tutte le salse. Tra i pezzi del platter segnalo solamente "Another Cry" e "Chiral Twin", i cui refrain risultano di facile presa già dal primo ascolto. Nel complesso il disco è più che sufficiente, anche se piacerebbe sentire in futuro un cambio di direzione da parte di una band senz’altro di talento, magari verso lidi più personali e abbandonando la terra trita e ritrita del power metal. (Filippo Zanotti)

(Buil2kill Records - 2013)
Voto: 65

https://www.facebook.com/RuinThrone

giovedì 19 settembre 2013

Artificial Wish - Subconscious

#PER CHI AMA: Metalcore, 36crazyfists, Bullet for my Valentine, Three Days Grace
La band veneziana debutta su Buil2kill records e ci offre questo primo full lenght inciso nel 2012 dopo un EP del 2007. La band, attiva dal 2006, si dedica ad un metalcore dalle forti tinte orecchiabili e varianti emo e nonostante non si trovi nulla di nuovo, questo album funziona ed è molto riuscito sotto i canoni più commerciali dell'intento. Spieghiamoci, la copertina è ben curata ed il suo stile fumettistico splatter/horror inganna facilmente l'ascoltatore con una parvenza tipica da thrash metal band, cosa che evidentemente non rispecchia lo stile del disco. La scrittura musicale soffre letteralmente del già sentito, 36Crazyfists su tutti. L'esecuzione è buona come la qualità della registrazione; il suono è bombastico a sufficienza e tutte le parti canore dure e pulite o cori che siano sono al posto giusto e cantate a dovere. Fin qui nulla da dire se ci si accontenta di una sequenza precotta di melodie di facile effetto, il problema nasce quando al secondo ascolto ci si accorge che manca il reale contatto con la rabbia e la voglia di spaccare, o il malessere esistenziale, senza parlare della ricerca sonora inesistente, tutto è fatto con il mero intento di piacere e cosa che allibisce è che veramente sotto questo punto di vista il cd è perfetto! Comunque gli Artificial Wish non sono male, hanno solo esasperato e cercato un sound per emergere in fretta e ci sono riusciti, a livello sonoro vedremo se il mercato sarà dalla loro parte, noi li avremmo voluti più sporchi e arrabbiati perchè comunque i musicisti e le qualità ci sono, manca solo un po' di coraggio e una buona dose di sperimentazione e ricerca in più. Ribadiamo il concetto, un lavoro commercialmente egregio, meno buono dal lato artistico dell'extreme music. Un tocco di rabbia umana e una solidità più accentuata e il gioco è fatto! Rimaniamo in attesa della giusta riscossa. (Bob Stoner)

(Buil2kill Records - 2012)
Voto: 65

https://www.facebook.com/Artificial.Wish

lunedì 11 marzo 2013

Hybrid Circle - Before History

#PER CHI AMA: Prog Metalcore, Textures, Fear Factory
Che strazio. È molto semplice sintetizzare quest'ultima opera degli abruzzesi Hybrid Circle: un concept album ispirato ad un libro scritto da loro, con musica influenzata dal peggio dei Fear Factory e dei Meshuggah. Già dall'intro di ben 2:46 secondi in parlato, mi viene voglia di cambiare disco. Il growl monocorde (essendo anche un tantino più alto degli strumenti lo rende quasi insopportabile) affiancato a chitarre ultracompresse che girano intorno a dei banalissimi groove midtempo, regnano incontrastati sul disco, annichilendo la mia infinita pazienza da ascoltatore. Tutto ciò è incorniciato da un'ambiente sci-fi e fantascientifico riconducibile ai testi ed ai synth, che freddi e chirurgici come i ritmi, ogni tanto saltano fuori ravvivando le composizioni. La parti in cantato pulito sono molto gradevoli e mi riportano ai Textures, peccato solo che vengano usate in rare occasioni come in "Overture 209" dove vengono anche facilmente dimenticate dopo l’ossessivo ripetersi del riffing, l'unico attimo di rianimazione si ha nella parte centrale del disco con "Wisdom Popular" e "Onset", le sole tracce leggermente migliori delle altre. Un disco che non s'ha da fare, se non per tecnica ed esecuzione. (Kent)

(Build2Kill Records)
Voto: 55

http://www.hybridcircle.org/

lunedì 11 febbraio 2013

Cidodici - Freedom Rebellion

#PER CHI AMA: Thrash, Nu metal, Crossover, Korn
Il buon Franz mi fa arrivare sulla scrivania (ormai troppo caotica) questo “Freedom Rebellion” dei bergamaschi Cidodici. Prima mi cade l’occhio sulla cover, poi però è l’adesivo con lo strillo che annuncia la presenza di Manuel Merigo (sì, è quello degli In.Si.Dia., come non li conoscete?! Rimediate subito) a incuriosirmi. Pronti, via, il disco è già lì che mi gira sul lettore; io ricevo in cambio una bella botta nei miei timpani (e anche nelle palle). I nostri attingono a un giacimento di energia e la incanalano in un prodotto che corre fluido, in cui le tracce si susseguono coerenti per struttura e atmosfere. Un album che prende spunto dal thrash, a cui sono aggiunte buone dosi di sound nu metal (tipo Korn, Machine Head e, negli inserti elettronici, Fear Factory) e qualche inserzione melodica. Il tutto è amalgamato poi in maniera abbastanza originale. Le chitarre ben suonate e gli assoli sono le cose che più risaltano e mi piacciono. Bella la prova del cantante: non ha sbavature particolari e si adatta anche a registri diversi. Ho molto apprezzato il potente e continuo lavoro del batterista; defilata e nascosta la parte di basso. Una paio di pecche si possono trovare nell’eccessiva lunghezza dell’album e nel non aver osato maggiormente su un songwriting più diversificato. Molto azzeccata la presenza di artisti ospiti: arricchiscono e danno un bel tocco al piatto. Già nell’intro melodico suona il primo, Carmelo Pipitone, chitarrista dei Marta Sui Tubi. Quindi troviamo gli assoli di Aldo Lonobile (Death SS) e Dario Beretta (Drakkar) in “A Life To Learn”, un episodio tra i più riusciti del platter. Segnalo il brano cantato in italiano “Gli Occhi Degli Altri”; l’ho trovato apprezzabile, ma anche meno quadrato rispetto agli altri (come dite? Vi pare di sentire i Linea 77? Anche a me). La band si merita una stretta di mano vigorosa per aver fatto una cover metal di “Impressioni di Settembre” (quella della Premiata Forneria Marconi), anche se non mi ha convinto del tutto l’averla mescolata ad un vecchio pezzo degli In.Si.Dia.. Certo non era una cosa facile gestire una canzone di quel tipo, ma loro ci hanno provato. Bravi Cidodici, mi permetto di consigliargli di puntare di su un prodotto ancora più personale e magari dalla durata minore. (Alberto Merlotti)

(Buil2kill Records)
Voto: 70

http://www.cidodici.net/

lunedì 28 gennaio 2013

Endless Coma - Rising Rage


#PER CHI AMA: Suoni crossover/Nu Metal/Industrial
Nata da un progetto anglo/italiano di Nick Franz (bassista e compositore) e Dark Priest (voce) nel 2010, la band ha pubblicato subito un EP dal titolo omonimo; nel frattempo, nel corso del 2012 sono state eseguiti alcune riassestamenti nella line-up, includendo Sal (chitarra) e Blond (batteria) facendo uscire il primo full-lenght. L’intro “Prelude to the End” è costituito principalmente da voce e suoni campionati, in modo da preparare l’ascoltatore ad un viaggio non propriamente piacevole. “Mind Battle” ha un sound veloce e cadenzato, sottolineato da un largo uso di tastiere e batteria; il basso si sente soprattutto nel ritornello, accompagnato anche da qualche growl, creando un effetto molto industrial. “I Don’t Have a Name” e “D.N.A. (Destroy New Angels)” si possono definire come le tracce più industriali di tutto l’album (a tratti la voce ricorda vagamente quella di Rob Zombie), quella che ti porta ad esaltarti e a scatenarti. “Disease” continua con quella vena cattiva che finora sta contrassegnando il mio ascolto, fatta di growl, suoni campionati e tanta batteria. Con “Golden Chains” e “Mental Prison” le cose cambiano: il ritmo tende a rallentare lasciando fuoriuscire la vena più malinconica degli Endless Coma. Degno di nota è l’assolo di chitarra, perfettamente incastonato in questo contesto mesto e rassegnato. “No Faith” e “Pure Ego” riprendono il filone proposto dalle prime tracce, con un’esplosione di perfidia e suoni pesanti, portando tutto il lavoro fatto finora a un livello molto alto di qualità. “Evil Man” e “My Dear Satan” tendono più verso il ramo progressive, con lunghi assoli di chitarra, ottime ritmiche e una batteria dirompente: la vena inquieta dell’ensemble emerge nuovamente, rischiando di abbassare un poco il livello toccato in precedenza. Qui l’unica cosa che si salva sono gli inserti growl e qualche connubio di chitarra graffiante con una batteria costantemente ritmata. “Pain” ha una successione non molto veloce, ma ben strutturata e travolgente: peccato per la scelta di cantare con una tonalità roca, perché mette in secondo piano l’anima industrial del complesso. In “You’re my God” cambia nuovamente il ritmo: all’inizio e alla fine sembra più unplugged con voce, chitarra e batteria tenute a freno, ma nel corso della traccia il tutto si anima un po’. Questo può essere definito il punto più basso di tutto il lavoro. “The Last Minute” è l’ultimo pezzo ed anche il più lungo. Contraddistinto da un sound più tedioso e flemmatico per i primi 4 minuti, il resto della canzone non è altro che una parte sussurrata e distorta, di cui non si capisce nemmeno una parola: potrebbero sembrare messaggi subliminali o una voce lontana che agita i sogni. Un long-playing con luci ed ombre ma che comunque alla fine risulta ben fatto, che entusiasma e carica: consiglio vivamente di tenerli d’occhio, perché se queste sono le basi, il prossimo sarà (auspico) ancora meglio. (Samantha Pigozzo)

(Buil2kill Records)
Voto: 70

https://www.facebook.com/EndlessComa

giovedì 24 gennaio 2013

Erase - May I Sin?

#PER CHI AMA: Metalcore/Crossover
Ecco un bella sorpresa per gli amanti del metalcore, specialmente per quelli che lo vedono di buon occhio anche con delle contaminazioni. Il quartetto alessandrino Erase si forma nel 2008, pubblica un primo EP nel 2009 e, dopo un bel po’ di esibizioni live, torna in studio per registrare “May I Sin?”, loro primo ufficiale LP. Cosa ci troviamo dentro? Dieci canzoni principalmente metalcore che, come anticipato, sono valorizzate da innesti di altri generi, il crossover in particolare. Nel complesso il lavoro è abbastanza originale, di piacevole ascolto ma aggressivo e tirato in maniera consona al genere. Tale aggressività sonora si trova già nella open track “Ashes and Sinners”,e si mantiene costantemente per tutto il disco. Le parti melodiche presenti in alcune tracce, per esempio nell’orecchiabile “Another Day”, sono una buona vetrina per poter mostrare la malleabilità vocale del cantante. Mi pare a suo agio in queste sezioni pulite come in quelle più urlate. Ho trovato interessante la parte delle chitarra in “Ripper Inside”, si nota particolarmente la mano educata del chitarrista Dave. Cito “Lover” tra le migliori: ritmo e stacchi sono notevoli. Sempre in linea e precisa la parte ritmica, se ne può notare la bontà durante tutte le track. Gli Erase mi hanno soddisfatto e mi han lasciato quella smania serpeggiante di sentire cosa combineranno nel futuro. Dimenticavo, vorrei rispondere alla domanda che la ragazza ammiccante della copertina mi/ci pone: “May I Sin?” Risposta: “Con quegli occhi, per me, puoi fare quello che vuoi!”. (Alberto Merlotti)

(Buil2kill Records)
Voto: 75

http://www.eraseband.net/

lunedì 11 giugno 2012

Dysthymia - The Audient Void

#PER CHI AMA: Brutal Death Metal Progressive
La band toscana ci giunge con questo super lavoro dopo un anno circa dalla sua uscita e dopo varie vicissitudini, cambi di formazione e stop forzati per motivi personali del vocalist Giacomo Bortone. I Dysthymia con “The Audient Void”, segnano un confine che sarà duro per molte death metal band superare, tanta è la precisione tecnica, la fantasia e la cura con cui suonano e costruiscono i loro pezzi. Basta ascoltare i singoli strumenti per tracciare un profilo della band. Una sezione ritmica strabiliante con un batterista (Giuseppe Bracchi) fuori dalla norma per capacità tecnica e feeling che rende i brani alquanto accessibili pur rimanendo intensissimo e devastante, una macchina da guerra ma di finissima artiglieria. Alla sua corte suona il basso Marco Bruni che a mio avviso fa un lavoro stupendo, sempre presente con un suono morbido e pulsante, avvalorato da questa brillante produzione che gli da eco e giusto podio. Le chitarre di Stefano Bargigli e Filippo Occhipinti sono agili e mai fuori luogo, complicate, violente e raffinate, metodiche e tecniche come i migliori Cynic, un equilibrio perfetto. Gli assoli sono uno spasso con quel retrogusto “Carcassiano” dal suono caldissimo e profondo (leggi Bill Steer) - ascoltate la traccia 2 più o meno al minuto 2:39 o al minuto1:12 e 3:02 del terzo brano la classe di questi chitarristi -. Infine la voce spaventa per padronanza della scena e versatilità tra growl strascicati stile Obituary, escursioni black/gothic oriented, Arch Enemy style e un velo di Dark Tranquillity, questo è un cantante da 10 e lode. Non starò qui ad elencarvi traccia dopo traccia quale sia la migliore perché in realtà tutte sono di ottimo livello e godibilissime. L'alto potere di questo album sta nel rendere il death metal (musica che non è per tutti) accessibile a chiunque voglia impegnarsi nel suo ascolto. Vorrei sbilanciarmi e affermare che “The Audient Void” ha raggiunto quello che molti dischi della scena internazionale sono solo riusciti a sfiorare e questo grazie ad uno sforzo di produzione extra - nazionale e un mixaggio e masterizzazione fatti a regola d'arte in un ottimo studio qual è l'Hertz di Bialistock in Polonia che ha visto passare band fondamentali come Vader o Decapitated. I Dysthymia hanno fuso le loro varie influenze, le hanno elaborate fino a renderle proprie e a loro modo originali, magari non del tutto innovative ma sicuramente un balzo in avanti come logica di mercato e qualità di prodotto. Il cd è ben confezionato, ben suonato, ben registrato e contenente un'anima, una passione “di ferro” e un gusto che parifica tecnica, orecchiabilità, potenza e stile in sette brani da favola. Tutto questo guarnito di liriche incentrate sul dolore e sulla descrizione dei peccati e delle aride illusioni della vita moderna.“Ode On Melancholy” e “Aching Pleasure” riprendono due strofe dall’omonima ode del poeta inglese John Keats sulla malinconia intesa in senso romantico e la depressione è descritta in “Slow Movements” . Special guest nel disco: Oleg Smirnoff (Death SS/ Vision Divine/ Eldritch) alle tastiere in “Certain Uncertainties”. La distimia (Dysthymia) è una forma di depressione cronica e di certo non rispecchia la “botta di vita” che l'ascolto di questo album ti riserva! Se cercavate l'album death metal da incorniciare questo fa per voi, non fatevelo scappare! (Bob Stoner)

(Buill2kill Records)
Voto: 90
 

sabato 2 giugno 2012

Onelegman - The Crack

#PER CHI AMA: Crossover, Nu, Korn, System of a Down
Gli italiani, anche se con una gamba sola, lo fanno meglio. Il rock. Non è propriamente rock lo stile di questa band di Reggio Emilia, infatti tanto per citare il loro sito, “The Crack” è un disco che osa. Su questo sono abbastanza d'accordo, nel senso che ognuna delle sue 9 tracce vuole sondare un differente genere, dal crossover al nu metal, passando per il prog e toccando pure il southern rock. Non voglio stare qua a discutere se è una scelta formidabile oppure una mancanza di identità, sta di fatto che comunque il cd ha un bel tiro e mette sul piatto tutte le buone qualità dei Onelegman. La voce effettata stile Korn forse è l'unica scelta opinabile solo perché porta al facile paragone, ma l'ottimo lavoro mostra l' elevata tecnica della band e la voglia di voler sperimentare, anche se certi canoni devono essere mantenuti. Iniziamo la carrellata dei pezzi presenti in questo "The Crack". “See That Truth” apre il cd con dei bei riffoni southern e la parte ritmica ben bilanciata, tosta al punto giusto per dare l' idea di una cavalcata sfrenata attraverso il profondo sud mentre l’Indian sotto il culo borbotta sorniona. “Dream On” utilizza un sound prog che apre con una ritmica tribale per cambiare completamente pagina e assaporare un altro riflesso di “The Crack”. Ottimo pezzo anche questo. Passiamo poi al thrash nudo e crudo di “Black Lamb” che mi ha lanciato in un cardiopalma che non ricordavo da tempo. La batteria sprigiona tutta la sua cattiveria e tecnica in un colpo solo, dando alla luce un brano che dà molto filo da torcere ai grandi del genere. Concludo con “Vortex” che risulta sicuramente l'esperimento più azzardato dell'album, infatti mescola sonorità balcaniche al thrash-metal. Per carità, l'into sembra presa da “St. Anger” dei Metallica, ma l'alternanza con riff alla Bregovic rende il tutto assai sperimentale e godibile. Bravi questi Uomo-con-una-gamba-sola, l'esperienza e la professionalità si sente tutta e meritano una bella pacca sulla spalla e una birra offerta al banco dal sottoscritto. Respect. (Michele Montanari)

(Buil2kill Records)
Voto: 85

http://www.onelegman.com/

sabato 12 maggio 2012

Any Face - The Cult of Sickness

#PER CHI AMA: Brutal Techno Death, Origin, Atheist
Uscito nel 2010 per la Buil2Kill Records, questo è il sesto album degli emiliani Any Face. Lo stile musicale è quello claustrofobico del death metal old school americano con molte influenze del tecnicismo e sferzate stilistiche di casa Origin e Atheist. Nel primo brano “Suicide Surge”, in più occasioni degli stacchi improvvisi portano la band a sperimentazioni su ritmiche dal sapore tropicale in acido che lasciano ben sperare gli amanti dell'innovazione: In “Stabbing the Core” si riparte dal death più efferrato e, guidati dalla voce di Yuri Bianchi, che sembra un “Barney” (aka Napalm Death) a rallentatore, si arriva alla terza traccia, un massacro ben studiato. Nella quarta traccia, dopo soli 33 secondi, ci si imbatte in una costruzione ritmica figlia dei migliori Voivod sperimentali, per poi ripartire gutturali più che mai. La preparazione tecnica è buona e in alcune parti ci si trova in bilico con il grind. Nella cover “Happy Tantrum” tratta dall'album “The Musical Dimension of Sleastak” del 1993 della band O.L.D., il nostro bravissimo e cadaverico Yuri, duetta con Alan Dubin, originale cantante della band “coverizzata”. Il brano che segue è standardizzato, una lobotomia continua e soffocante. “The Unspoken Son” mostra delle chitarre velocissime e cariche di tecnicismo, in puro stile Atheist o Massacre con un bell'assolo centrale lungo, “strano” e carico di atmosfera delirante, che sfocia in un rallentamento abissale, seguito da una ripresa molto riuscita. “Portrait of a Nihilist” chiude il disco e parte con una spinta non comune, la voce growl è sempre più padrona e tutto fila al meglio disseminando violenza qua e la. Quest'ultima traccia racchiude un po' tutto il sound degli Any Face con passaggi “particolari” e trasversali, una chitarra “cosmica” e stacchi dediti ad un certo progressive metal e un finale che lascia sfumare il tutto su di una ritmica che abbraccia il modo di interpretare il metal dei Flotsam and Jetsam. Alla fine ci troviamo di fronte ad un lavoro ben fatto e per palati fini, carico di buoni spunti e padroneggiato da un'ottima monotona voce “cavernicola” che fa la differenza... suonato molto bene e a tratti molto coraggioso, come negli stacchi del primo brano (il mio preferito!). Per Any Face si presenta un roseo futuro se continueranno a suonare e ad evolversi su questi territori. Se riuscite a immaginare l'esatta concentrazione di Atheist mescolata a Massacre e spruzzatine di Napalm (Death ovviamente) questo è un altro disco da non perdere! Bravi e coraggiosi! (Bob Stoner)

(Buil2Kill Records)
Voto: 80

domenica 22 aprile 2012

Dumper - Rise of the Mammoth

#PER CHI AMA: Heavy Metal, Motorhead, Megadeth
Ommadonnasanta... Nel 2012 è ancora possibile trovare in Italia un gruppo che suona in stile Motorhead, probabilmente vive e porta avanti il mito delle belle donne sedute in braccio mentre bevi una birra ghiacciata e racconti l'ultima tua fuga dagli sbirri a bordo della fedele Harley? Fino a ieri avrei detto di no, ma quando ho messo su questo "Rise of the Mammoth", giuro pensavo di essere tornato indietro nel tempo! I tre ragazzotti dal lungo passato musicale che si legge nella punta consunta dei loro stivali, si riversa totalmente nel sound e ha il suo bell' impatto. Le chitarre lente e grosse, la voce di uno che ha qualche sigaretta e whisky alle spalle, insieme ad una ritmica basso-batteria che lavorano come fratelli, faranno godere le vostre fredde orecchie. "The Melting Eye" parte con un bel riff di basso, chitarra e percussioni che lascia spazio alla psichedelia ancestrale, poi il verso di una belva dà il segnale di inizio alle danze. Grande influenza Megadeth per i nostri Dumber, comunque con una discreta dose di personalità. Anche "Drag Me to Hell" inizia con il basso e poi l'entrata dei riff di chitarra vi fanno venir voglia di aprire il gas a manetta e correre per le desertiche highways americane. E' vero che il cliché di un gruppo come i Dumper sarebbe quello di vederli ad un moto raduno di quelli mastodontici, ma l'elevata tecnica strumentale e compositiva li potrebbe scaraventare su qualsiasi palco, magari buttando giù i soliti sovrani dell' ovvio. Degna di nota la cover di “Ticket to Ride” che trasuda stile in ogni corda e forse prende un po’ per il naso i benemeriti scarafaggi. Grandi. Bravi. Vi voglio su un palco mentre la birra scorre giù e toglie la polvere in fondo alla gola, dopo ore passate in sella a bruciare chilometri. (Michele Montanari)

(Buil2kill Records)
Voto: 80
 

giovedì 2 febbraio 2012

Detestor - Fulgor

#PER CHI AMA: Swedish Death, Metalcore, ultimi In Flames
Della serie “a volte ritornano” e mai come in questo caso, il ritorno ci riporta alle radici del sound proposto dalla band ligure, la cui origine risale addirittura nella notte dei tempi, il 1986. Stiamo parlando dei Detestor, una delle prime realtà italiane nell’ambito estremo, che iniziò la propria carriera come esponente della scena thrashcore del bel paese, per poi affermarsi con uno splendido debut, “In The Circle Of Time”, un secondo lp dai suoni cibernetici (era il periodo del boom dei Fear Factory), “Red Sand”, ed un Ep, “Ego”; stiamo parlando del 1999 quando l’act di Genova si trova al culmine del successo (parliamo ovviamente in termini underground). Nel 2001, mentre la band sta registrando “Fulgor”, decide di interrompere le proprie attività e da allora solo silenzio, prima che nel 2010 la bomba della loro reunion mi scuotesse e mi infervorasse di gioia. Eh si, sono sempre stato un fan della band, ricordo che tra i miei primi concerti figurano proprio i Detestor, in compagnia degli amici fidati Sadist. Ma veniamo ai giorni nostri quando “Fulgor”, dopo vari avvicendamenti nella line-up, finalmente vede la luce e arriva sulla mia scrivania; spazzo via tutto, lasciando il solo cd dei nostri, in una sorta di rituale sciamanico, preludio del tanto sospirato riascolto di una band di cui avevo perso le tracce, come se un caro amico fosse ricomparso dal nulla. Ebbene? Inserisco il cd nello stereo e vengo investito da una furia brutale, alquanto inattesa: “God is Empty” è una bomba che esplode veemente nelle mie casse, e che nel suo incedere lascia il posto ad inusuali inserti acustici, contaminati a livello di vocals (direi quasi post hardcore). Sono frastornato; le ritmiche del debut riecheggiano finalmente nelle mie orecchie e mi traslo temporalmente a quasi vent’anni fa e la prova più evidente del ritorno alle origini del sestetto italico è “The Wrong Way”. Percepisco chiaramente il rifferama tipico del vecchio swedish death metal; che goduria poi per le mie orecchie che le vocals di Jaiko siano ritornate ad imperversare, alternandosi questa volta con quelle di Niki. Riecco i Detestor che mi hanno conquistato quasi due decadi fa, e sebbene risultino chiaramente influenzati dai vari trend del momento, l’ensemble ligure ha sfoderato una egregia prova che trova, oltre alle song già citate, anche in “Free to Cry” (molto simile agli ultimi grooveggianti In Flames), la distruttiva “I Feel Disgusted” e l’arrembante “Finished”, altri momenti di elevato interesse. Certo non tutto gira per il verso giusto, ci sono ancora dei momenti di calo fisiologico, attribuibili forse all’assenza dalla scena per quasi un decennio. Tuttavia, l’aggressività che da sempre contraddistingue i Detestor non è andata perduta, il sound pur mantenendo lo scheletro di quel magnifico debutto, è stato modernizzano da influenze post e metalcore, per un risultato sicuramente positivo. Da seguire obbligatoriamente. Ben tornati, vi stavo aspettando! (Francesco Scarci)

(Buil2Kill Records)
Voto: 75