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venerdì 12 aprile 2019

Astral Silence - Sagittarius A*

#PER CHI AMA: Cosmic Black, Mesarthim, Darkspace
I Darkspace devono rappresentare un grande punto di riferimento nell'ambito cosmic black a tal punto che nel loro stesso paese le band crescono come funghi. L'ultima con cui sono venuto fortuitamente a contatto, è rappresentata dagli Astral Silence, una one-man-band a dire il vero, capitanata dal misterioso Quaoar (qui supportato però da altri sei musicisti) che è stato in passato il bassista live dei conterranei Borgne per sei anni. Insomma, il nostro mastermind di quest'oggi è uno che di gavetta ne deve aver fatta parecchia e lo testimoniano anche lo split album e i tre full length che ha alle spalle con gli Astral Silence, di cui quest'ultimo 'Sagittarius A*'. Questo terzo lavoro, uscito in 333 copie per la Transcendance, arriva a cinque anni di distanza dal precedente 'Open Cold Dark Matter' che avevo avuto modo di apprezzare a quel tempo, al pari del debut 'Astral Journey' (che ho recensito su queste stesse pagine). Partendo da quelle premesse, 'Sagittarius A*' (nome peraltro ultimamente passato alla cronaca per identificare una sorgente di onde radio molto compatta e luminosa, situata nel centro della Via Lattea che ospita quel buco nero supermassiccio di cui abbiamo visto recentissimamente le immagini) propone quattro lunghi pezzi che iniziano con le dilatate sonorità di "achernaR", quasi dieci minuti dove convogliano suoni black che arrivano da un spazio intergalattico freddo e distante, buio come solo il nostro sistema solare potrebbe apparire dall'ultimo pianeta nano, Plutone. E forse per questo che il black collide con una forma sonora che potrebbe essere inizialmente accostabile al funeral doom, con una ritmica asfittica e angosciante, e il growling profondo del polistrumentista elvetico a prendersi la scena al fianco delle spettrali melodie di tastiera. In "canopuS" (dimenticavo che i quattro brani hanno il nome di quattro stelle alfa delle loro rispettive costellazioni, Eridano, Canopo, Canis Major e Pavone) la componente atmosferica va acuendosi, riuscendo a trasmettere tutto quel senso di desolazione e vuoto che solo lo spazio infinito sembra offrire. Il cosmic black dei nostri si prende definitivamente la scena e non solo a livello grafico (vedasi l'artwork di copertina) o a livello lirico, con le classiche tematiche spaziali-astronomiche. I riff si presentano glaciali, con la drum machine di supporto e i synth a creare quel tappeto di sottofondo che rappresenta ormai la peculiarità del genere. A completamento del tutto, intermezzi ambient e rumori che sembrano provenire da un'astronave alla deriva nello spazio profondo. Più etereo l'inizio di "siriuS", una sorta di risveglio con la luce lontana di una stella ad innondare il nostro viso che la contempla dal piccolo oblò della cabina della nostra navicella spaziale. Poi è un suono marziale che prende il sopravvento, corredato da altri suoni elettronici e voci raggelanti di sottofondo, e da una melodia che permea il lento incedere di una traccia dai tratti marcatamente doomish che prosegue anche nell'ultima "alphA pavoniS", gli ultimi dieci desolanti minuti di questo inquietante lavoro, che potrebbe segnare un importante passo nella carriera degli Astral Silence per acquisire una maggior visibilità. Per ora, tutti gli amanti di simili sonorità si facciano avanti, in 'Sagittarius A*' troverete certamente un sound sufficientemente lento e freddo con il quale cibarvi negli angoli più reconditi della galassia. (Francesco Scarci)

(Transcendance - 2019)

venerdì 3 giugno 2011

Astral Silence - Astral Journey

#PER CHIA AMA: Funeral Doom, Cosmic Black Metal
Ancora una volta Svizzera (come per i Mal Etre), ancora una volta viaggi spaziali come era successo per i compagni di scuderia Spuolus, ancora una volta una one man band, questa volta guidata da Quaoar. La proposta che oggi fa visita al mio stereo è il full lenght di debutto degli Astral Silence, che arriva a convincermi che il paese alpino non sia importante per il cioccolato o per alcune grandi band (Celtic Frost, Samael, Coroner), ma che ci sia realmente un fermento continuo nell’underground che cresce e spinge per farsi conoscere. Certo, c’è anche da dire che non tutte le ciambelle escono col buco, ma questo è un altro discorso che magari affronteremo nel corso della recensione. Partiamo col dire che “Astral Journey” è uno di quegli album di difficile approccio, ma devo ammettere che sono quelli che poi talvolta regalano anche le maggiori soddisfazioni. Si apre con la classica intro ambient (peccato che duri “solo” poco più di dieci minuti). Già messo a Ko dalla ipnotica, quanto mai inutile apertura, finalmente riecheggia nelle casse del mio stereo, la musica del factotum Quaoar e del suo cosmic black metal (definizione che sta prendendo sempre più piede ultimamente) che quasi istantaneamente, guida la mia mente verso il sound dei conterranei Darkspace. Vuoi per la definizione del genere, vuoi per i punti di contatto che accomunano le due band, ossia quella ripetitività di fondo che lacera le nostre menti, effettivamente le due band finiscono inevitabilmente per assomigliarsi. Non voglio bollare gli Astral Silence come dei meri cloni dei ben più famosi colleghi, però questo finisce per inficiare un po’ il mio voto. Ci prova “Hydra” a risollevare le sorti di un album che rischia di finire nel dimenticatoio dei cd perduti. Per carità nulla di innovativo o personale, però il suicidal black degli Astral Silence si lascia ascoltare piacevolmente, tuttavia senza impressionare o senza spingersi verso lidi sperimentali, in quanto il riffing non si sforza di cercare soluzioni alternative e finisce per continuare a riproporre lo stesso giro di chitarre per l’intero pezzo. Quello che finisce poi per il placare il mio desiderio sacrificale, sono quelle ambientazioni ricche di tensione, che comportano un totale senso di rassegnazione e abbandono a chi le ascolta: tutto ciò emerge alla grande nelle conclusive “Dysnomie” (il mio brano preferito) e “Oort”, dove si respira tra l’altro un fetido odore di morte. Il funeral doom, con il suo impietoso riffing, le vocals quasi sussurrate, le cupe tastiere, finisce per prendere il sopravvento, scaraventandoci in un intenso stato di terrore. Il respiro si fa più affannoso e la visione più distorta, man mano che l’incedere della song si fa più che mai minaccioso; l’impressione che mi rimane alla fine di questa bieca danza della morte è che la sua mano abbia afferrato la mia gola per condurmi insieme a lei negli inferi. Mi risveglio, sono sudato, realizzo che è stato solo un incubo, lo stereo ormai si è spento in automatico e il cd degli Astral Silence è terminato, ma quel senso di angoscia perdura ancora nel mio animo e chissà ancora per quanto durerà. Destabilizzanti! (Francesco Scarci)

(Kunsthauch)
Voto: 70