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giovedì 6 dicembre 2018

Entropia - Vaccum

#PER CHI AMA: Blackgaze/Trance/Post, Deafheaven, Thy Catafalque, Lux Occulta
'Vacuum' si candida ad essere uno dei miei dischi preferiti del 2018. La band che l'ha concepito è formata dai polacchi Entropia, che mi avevano già colpito favorevolmente col loro debut album del 2013, 'Chimera' ed in seguito con 'Ufonat'. Perché tutto questo entusiasmo vi chiederete? Perchè a mio avviso la band di Oleśnica ha ereditato lo scettro degli Altar of Plagues, l'ha arricchito con le idee deliranti dei Thy Catafalque, rilasciando un lavoro mostruoso per sonorità, sperimentalismi vari ed espressività, che mi ha fatto letteralmente perdere la testa. Il quintetto in un'ora di musica ed in soli sei pezzi, ne combina davvero di tutti i colori: si parte dagli oltre 15 minuti di "Poison", una song ipnotica che miscela elementi psycho trance con il metal estremo, black, post e tanto altro. È semplicemente follia, quella che vado ricercando da tempo immemore, quella che riempie e centrifuga il cervello, che nei suoi magistrali loop elettronici, pop-algebrici, incorpora tutto ciò che un visionario malato di musica metal, vorrebbe sentire in una canzone. I quindici minuti più destabilizzanti della mia vita, ma si sa che la scuola polacca ha altre band antesignane nel genere e penso ai Lux Occulta e alle loro ultime divagazioni avanguardistiche. Ecco, gli Entropia ci hanno messo tanto del loro, della loro classe che già era emersa in passato et voilà, ecco questo meraviglioso gioiellino di musica ascrivibile al genere sperimentale, avantgarde estremista, o come diavolo volete, a me non interessa. Per me è importante che voi diate un ascolto, anzi due, tre o forse dieci, a 'Vacuum' e al drumming ossessivo di "Wisdom" e alle folgorazioni dettate da non so quali sostanze proibite che hanno portato questi cinque pazzi musicisti a scrivere musica di tale consistenza. Delizia per le mie orecchie, e sarà altrettanto per tutti coloro dotati di una mente aperta, apertissima, perchè il disco non è proprio semplicissimo da affrontare. Citavo "Wisdom", un brano che mette in loop per cinque minuti lo stesso giro di chitarra e synth, prima di esplodere in una tremebonda cavalcata post black che sembra trarre ispirazione però da qualche riff prog rock di anni '70. Il tutto senza utilizzo di una voce (uno screaming peraltro fantastico che fa capolino qua e là nel disco) che farà la sua comparsa solo sul finire del pezzo, quando l'ultima centrifugata ci avrà dato il colpo di grazia. Ecco a cosa somigliano gli Entropia, ad una lavatrice che nella sua centrifugazione più estrema, rilascia splendide note musicali. Come quelle che aprono "Astral", un viaggio sparati nell'iper spazio più profondo alla ricerca di una qualsiasi forma aliena con cui interagire. Certo, la musica degli Entropia potrebbe essere un pericoloso biglietto da visita per la specie umana, gli extraterrestri la considererebbero un'arma pericolosissima visto che la ritmica della song somiglia di più ad un cannone laser. E nemmeno la title track ci dà modo di mostrare l'attitudine pacifica del nostro pianeta, è un'altra arma di distruzione di massa, che rallenta i suoi beat a tal punto da ipnotizzarci di fronte alla ridondanza sonica profusa. Un loop di suoni ed immagini che entrano nella testa e non accennano a lasciarci. Io questo album l'ho consumato, ascoltato decine e decine di volte, le sue melodie ormai le sento sotto la mia pelle, la sua furia belluina risuona nella mia testa, le sue geniali trovate le inserirei in un'ipotetica enciclopedia della musica metal, per spiegare come possono convivere differenti forme musicali sotto lo stesso vessillo. Con "Hollow", i suoni si ammorbidiscono un po', rimanendo nei paraggi di uno space rock malinconico, dove le vocals sono cosi cariche di pathos da far venire la pelle d'oca, grazie soprattutto all'eccezionale lavoro di tastiere e synth che accompagnano la progressione blackgaze che si sviluppa nella sua seconda metà. Gli ultimi dieci minuti sono affidati alle melodie di "Endure" e alla sua debordante quanto arrembante ritmica che sancisce la fine di questo capolavoro di musica estrema, che voglio consigliare anche a chi di estremismi non ne vuol sapere, ma ritiene di avere la mente abbastanza "open" da poter affrontare questa sfida targata Entropia. Album dell'anno per il sottoscritto? Mi sa proprio di si. (Francesco Scarci)

(Arachnophobia Records - 2018)
Voto: 90

https://entropia.bandcamp.com/

sabato 18 febbraio 2017

Ur - Hail Death

#PER CHI AMA: Black/Heavy, Darkthrone, Iron Maiden, Primordial
Ur fu un'antica città sumera nominata più volte nel Libro della Genesi come il luogo di nascita del patriarca Abramo. Oggi Ur identifica anche una band polacca fautrice di un black metal che per certi versi, riesce a mostrare segni di originalità. 'Hail Death' è il loro EP di debutto, rilasciato dalla Arachnophobia Records. Le danze vengono aperte da "A Dying Star", un breve pezzo mid tempo, dall'incedere asfissiante, corredato da vocals prettamente pulite e qualche vocalizzo più arcigno. Con "The Tongue of Fire" ecco che il black si contamina di thrash ed heavy metal: mantiene del genere estremo la ferocia delle vocals, del thrash la cavalcata delle chitarre e dell'heavy alcune aperture più classicheggianti delle sei corde. Con "Let the Darkness Come", la musica diviene addirittura più selvaggia ed arrembante, quasi un grind black, che viaggia a corrente alternata, tra saliscendi ritmici da pura emicrania. Poi quando le chitarre si aprono, la sensazione è quella di ascoltare gli Iron Maiden, prima che il vortice tumultuoso dei nostri, rientri in possesso di una malvagia esplosività primitiva con tanto di blast beat lanciati oltre la velocità del suono. "Total Inertia" attacca con un incedere, cosi come vorrebbe il titolo, lento e accidioso, un altro mid-tempo nebuloso che si stacca dal black per le sue ritmiche e per degli epici vocalizzi che sembrano arrivare da Alan Nemtheanga dei Primordial. "Only Bones Stay Here" è praticamente incollata alla song precedente e nella sua veste thrash black sembra voler emulare i Darkthrone. Si arriva alla conclusiva "Infinity": un bel riffing apre la traccia accompagnato da un basso quasi slappato di "overkilliana" memoria (merito anche di un'eccellente produzione che esalta ogni singolo strumento) per poi proseguire su di un pattern ritmico di derivazione punk, che tradisce ancora una volta l'amore della band polacca per sonorità old fashion. Niente male come debutto, se poi considerate che la veste grafica del digipack è davvero buona e il cd trasparente è a dir poco meraviglioso, potete capire perché spendere ottime parole per questo nuovo combo polacco. (Francesco Scarci)

(Arachnophobia Records - 2016)
Voto: 75