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giovedì 2 giugno 2011

Am Tuat - Inmotion

#PER CHI AMA: Death Doom
Dall’Olanda ecco arrivare un nuovo terzetto dedito ad un death doom assai ritmato che mi ha fatto ripensare alle vecchie glorie del passato della terra dei tulipani, Sad Whispering, Castle e Beyond Belief. Stiamo parlando di formazioni che offrivano il tipico sound rallentato, malinconico, corredato da vocioni brutali, qualche clean vocals e qua e là arieggi melodici, ma erano i primi anni ‘90. A distanza di quasi vent’anni, salgono alla ribalta gli Am Tuat che, prendendo spunto dalla tradizione fiamminga, rilasciano questo “Inmotion”, che probabilmente potrebbe fare la gioia di chi si ciba di dischi all’insegna della brutalità accompagnata da aperture melodiche, plumbee atmosfere invernali, inquietanti sussurri nel buio e drammatici arpeggi. Tanta carne al fuoco che potrebbe far ben sperare per il futuro, mentre per il presente, quello che abbiamo fra le mani, è ancora un prodotto abbastanza acerbo che poco, anzi nulla ha da dire a chi come me, ama questo genere di sonorità. Troppi, veramente troppi sono gli album che escono ogni giorno in questo ambito e molto elevata è la qualità delle band che affollano il mercato, soprattutto grazie alle band provenienti da Russia o Ucraina. E gli Am Tuat, per quanto si sforzino di trasmettere qualche apocalittica sensazione, passando attraverso atmosferiche ambientazioni e pachidermiche cavalcate, non hanno ancora quelle idee geniali o di classe capaci di permeare la loro musica, in quanto ancora intrappolati in sonorità death metal che appiattiscono il sound della band. Peccato, perché qualche sprazzo interessante ci sarebbe anche, troppo poco a dire il vero, per ritenere sufficiente questo album di debutto. Sarà sicuramente per la prossima volta… (Francesco Scarci)

(My Kingdom Music)
Voto: 55

Questo “Inmotion” mi ha dato da fare, nel bene e nel male. Gli olandesi “Am Tuat” muovono i primi passi nel 2003 e da lì incominciano a sviluppare la loro musica. Dopo due demo, nel 2009 danno alle stampe sopracitato album. Potrebbe essere catalogato nel genere “progressive death metal”, ma si percepiscono molte influenze musicali diverse. Ci trovo i “My Dying Bride” e qualche influenze thrash metal. La formazione attuale vede: Bauke Valstar (chitarra e voce), Nick Pel (chitarra), Arno Rensik (basso) e Sander Bosscher (batteria e voce). Al primo ascolto sono rimasto colpito da sensazioni contrastanti, quelli seguenti, a essere sincero, hanno originato lo stesso effetto. Si dice che l’importante sia colpire l’ascoltatore, creare in lui emozioni: in questo ci sono riusciti. Vi è mai capitato di percepire qualcosa come interessante ma, al tempo stesso, come gravemente sfregiata? Qualcosa che poteva essere notevole ma, rimasta incompiuta, ci offende in poco lo sguardo? Sì? Questo è quel che ho provato ed eccone le cause. Il growl utilizzato è ben oltre il mio limite di sopportazione, molto pesante, totalmente anonimo e appiattisce tutte le tracce. Queste perdono la loro singolarità e si confondono. Tutto ciò è accentuato da un’esecuzione che mi appare svogliata. Gli accordi, quando dovrebbero essere potenti, non lo sono quanto dovrebbero, le parti tirate appaiano troppo piatte quasi amorfe, persino troppo lente. Francamente li trovo più a loro agio nelle fasi più tranquille. Qui gli accordi risultano ben eseguiti, molto più melodici e le contaminazioni danno origine a un qualcosa di più rilassante ma più apprezzabile. Tra le track segnalo volentieri la strumentale “Ahead of Sadness”, che considero veramente piacevole (manca infatti il pernicioso growl). Vorrei spendere due parole sull’elefantiaca “A Cry... The Sound of a Tragedy”: 18 minuti! Ragazzi miei, io apprezzo l’impegno ma, insomma, si arriva alla fine annaspando. Non credo che tali fatiche siano nelle loro corde, almeno per ora. Le altre canzoni rimangono nell’anonimato del percepito ma subito rimosso. Nel complesso il lavoro risulta troppo annacquato: 66 minuti sono troppi, arrivarci in fondo è difficile. Vale il discorso fatto prima, per un avere un buon risultato con queste durate, occorre una certa maturità, che ancora non dimostrano di possedere. Da apprezzare il loro coraggio e la capacità compositiva non banale che si percepisce dal lavoro. Da piccolo la maestra diceva che, in certe cose, avevo le capacità ma non mi impegnavo a dovere. I miei allora si inviperivano da matti: “Se hai le doti usale!” (seguiva gragnuola di scopaccioni). Ecco lo stesso vale per questi olandesi. Potrebbero fare degli ottimi lavori al posto di dischi sì sufficienti, ma che lasciano un senso di amarezza per ciò che avrebbero potuto essere e non sono. (Alberto Merlotti)

(My Kingdom Music)
Voto: 65