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lunedì 7 gennaio 2013

Scaphandre - The Abyssal Crypts

#PER CHI AMA: Suicidal black metal
Gli Scaphandre sono una realtà underground francese, cosi come pure, estremamente underground e direi quasi no-profit, l’etichetta, l’Alchemic Sound Museum, che promuove la one man band transalpina. Francia e one man band, un binomio che rappresenta da sempre, gli ingredienti che definiscono, per sommi capi, il sound degli Scaphandre. Se anche voi siete giunti alla conclusione di essere di fronte ad una realtà black metal, possiamo affermare con certezza di essere sulla stessa lunghezza d’onda. La chitarra di “Celeste” ce ne dà conferma: è come una profondissima ferita inferta sul corpo, di quelle che bruciano per il dolore e la voce del factotum, non fa altro che acuirne la sofferenza. Lo dicevo io che siamo di fronte ad una forma primordiale di black, peraltro di quelle urticanti, non tanto per le velocità che esso tende a perseguire, ma per il suo mood glaciale, freddo e brulicante di un fottuto desiderio di farla finita. Non siamo al cospetto di nessuna bombastica produzione che risalti suoni o emozioni di questo lavoro. “The Abyssal Crypts” è un lavoro ferale di suicidal black metal, riletto nella sua chiave più opprimente e devastante. Abbandonate quindi ogni speranza, voi che vi avvicinate ad una simile release, in cui verrete immediatamente investiti da un sound monocorde, quasi soffocante, in cui trovano posto solamente le taglienti vocals del protagonista. Dopo più di dieci minuti mi ritrovo già annichilito e non ho neppure il tempo di rialzare la testa che “Agate” inizia a picchiare come una forsennata. La peccaminosa e rozza produzione non aiuta di certo ad assimilare un album che di certo potrà interessare solo ad una ristrettissima schiera di amanti del sound estremo, nonostante ci sia il vano tentativo di ammorbidire la proposta con l’inserto di un qualche chorus epico. La montagna da scalare è irta e la sensazione di scivolare sul ghiaccio si fa via via sempre più forte. Fortunatamente l’interludio ambient ferma il trapano che fino ad ora ha stuprato il mio cervello e mi da modo di riprendermi almeno per un paio di minuti, prima del fluire mortifero ed inesorabile del sound dei nostri, che in “Mystiques” trova un altro momento di quiete relativa, prima che la quiescenza svanisca del tutto… (Francesco Scarci)

(Alchemic Sound Museum)
Voto: 60

http://www.scaphandre-official.com/

mercoledì 19 dicembre 2012

Im Dunkeln - Den Hellige Skogs Hemmeligheter

#PER CHI AMA: Black Ambient, Blut Aus Nord, Burzum
Brividi di piacere, di dolore, brividi di freddo, di calore, brividi di paura, brividi di terrore, brividi… una parola che si accosta molto bene a qualsiasi tipo di emozione, positiva o negativa essa sia, e che nel contesto dell’ascolto di questo album, si adatta alla perfezione. Brividi. Si quelli che si scatenano con l’attacco della demoniaca opening track, con cui si presentano gli Im Dunkeln, anzi il personaggio oscuro, Genchi, che si nasconde dietro a questo progetto. Una one man band, questa volta che arriva direttamente dalla nostra amata penisola; fuorviante infatti il nome e il titolo dell’album in tedesco, che mi avevano spinto ad optare per una qualche realtà germanica in stile Heretoir. E dopo tutto, almeno musicalmente non ci sono andato cosi lontano. Im Dunkeln propone infatti un sound glaciale, epico, torrenziale, malato ed oscuro, che attraverso gli otto capitoli contenuti in “Den Hellige Skogs Hemmeligheter”, ricalca gli insegnamenti delle band a cui mi sento ultimamente più legato. Blut Aus Nord in primis, per il loro fluire malvagio, una malvagità che permea le lugubri melodie di questo concentrato musicale quasi interamente strumentale, in cui pochissimo spazio è concesso alla componente vocale, se non per alcuni chorus o urla disumane. Citavo gli Heretoir in precedenza, ma è tutto il movimento shoegaze a venire in supporto all’artista capitolino, cosi sia echi teutonici che quelli francesi, si possono cogliere nelle note di questo meraviglioso disco. Lunghe le tracce, “Øyenstikkerens Ofring” va oltre i dieci minuti con il suo sound ritualistico sognante ed etereo, dal forte sapore etnico, un mix tra l’approccio ambient di Burzum e quello folk acustico dei Pazuzu. Tocchi di synth aprono “Albinoravnens Ensomhet”, prima che trovi spazio una gelida chitarra e la sintetica drum machine in un'ambientazione assai artificiale, mentre con “De Sultne Revers Soloppgang” sembra di entrare nell’orrorifico Grand Guignol, per quelle sue atmosfere tanto spettrali quanto macabre. Il secondo disco degli Im Dunkeln è un fiume in piena, una piena di collera, odio, purezza, stanchezza, epicità, malvagità, fantasia. Il mio brivido l’ho riconosciuto, e voi il vostro? (Francesco Scarci)

(Alchemic Sound Museum)
Voto: 80

http://www.myspace.com/imdulkeln