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giovedì 16 gennaio 2014

Mournful Gust - For All the Sins

#PER CHI AMA: Death Doom Gothic, Tristania
A distanza di tre anni (ma allora si trattava di una compilation), ritroviamo sulle nostre pagine il granitico impasto sonoro degli ucraini Mournful Gust, band dedita ad un death doom stillato di venature gotiche. Come da copione per il roster BadMoonMan Music e Solitude Productions, è d'obbligo trovarsi fra le mani un esempio di musica che faccia di riff pesanti e growling da orco, il suo verbo. I Mournful Gust provano a togliersi di dosso questa insulsa e grigiastra patina di grigio e ci offrono un qualcosa che prova a prendere le distanze da quanto descritto sopra. Diciamo che alcuni degli elementi appena citati, ancora permangono nel sound evoluto di 'For All the Sins': "Sleeping With My Name" è la lunga opening track in cui ritroviamo il growling cattivo, qualche bel riffone pesante, ma anche splendide ariose aperture melodiche che scongiurano la possibilità di stroncare immediatamente il disco causa carenza di idee. Il ruolo fondamentale, per evitare questo spiacevole epilogo, è svolto dalle tastiere di Stanislav Mischenko e dal flauto di Inna Esina, che ci consentono di godere di suoni più raffinati e meno scontati. Certo che se poi vi faccessi ascoltare "Keep Me Safe From The Emptiness", senza dirvi di quale band si tratti, vi sfido, offrendovi 50 possibilità per indovinare quale band stiamo ascoltando. Eccolo forte quel senso frustrante di già sentito e risentito, prima che una serie di effettistica cibernetica e una voce pulita, mostrino una via d'uscita ai nostri che si stavano cacciando nell'ennesimo vicolo cieco. Ecco diciamo pure che 'For All the Sins" soffre di questa grave mancanza; mi spiego meglio. I suoi lunghi brani (meglio se la prossima volta stringiamo un po' i tempi) soffrono di palesi limiti di voler o dover stare all'interno di un tracciato sonoro dettato dal genere. Questo mi sfianca e innervosisce facendomi talvolta annoiare. Fortunatamente in soccorso dei nostri arrivano delle intuizioni che rendono molto più gradevole, addirittura entusiasmante il suo ascolto. Un break di basso (ascoltare "Falling in Hope" per capire meglio), l'utilizzo quasi pop rock delle sensuali vocals pulite, delle eteree voci femminili ("Until I'm Bright" o "Your White Dress"), un magistrale assolo o un break di violino, partecipano in coro alla buona riuscita di un lavoro che per un attimo ho temuto di dover stroncare ingiustamente. Buon come back discografico, anche se dopo cinque anni era forse lecito aspettarsi qualcosina in più. (Francesco Scarci)